Abusi sessuali su minori è l'accusa contestata a un padre di 41 anni, G.G., originario di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria, ma abitante a Cuneo, che oggi è stato condannato, in primo grado, dal tribunale collegiale di Imperia a 7 anni e 6 mesi di reclusione (e al risarcimento di 70mila euro alla parte offesa) per aver abusato della figlioletta che all'epoca dei fatti, il luglio del 2014, aveva appena 6 anni.
Una vicenda davvero triste, il cui dramma si è manifestato, udienza dopo udienza, nel corso delle diverse deposizioni. Il pubblico ministero Maria Paola Marrali aveva chiesto 8 anni. Tutto ha avuto inizio durante, un breve periodo di villeggiatura, a Riva Ligure, rinomata località turistica della provincia di Imperia.
"Papà mi ha fatto male, ha fatto una cosa brutta”; e poi, "Io e papà abbiamo un segreto”: sono alcune delle frasi che la piccola ha rivelato alla mamma e alla nonna, oltre che a una amichetta. Le stesse parole che, unitamente ad alcuni comportamenti sospetti, hanno indotto la famiglia a presentare una denuncia ai carabinieri di Cuneo. Determinanti, tuttavia, sono state alcune tracce ematiche trovate sulle mutandine della bambina. Troppe, insomma, le prove per mettere in dubbio la veridicità degli abusi. Non erano semplici invenzioni di una bambina.
Durante una delle trascorse deposizioni, inoltre, la madre della piccola ha sottolineato come, ancora dopo cinque anni, la figlia rifiuti la figura paterna: “Ha trovato una foto mentre sistemavamo i libri di scuola – aveva affermato il genitore – e l’ha fatta a pezzetti, dicendo che lei, suo padre, non lo voleva più vedere né sentire”.
Che le dichiarazioni della minore siano attendibili lo conferma anche la psicologa nominata dal giudice per valutare la bambina, nel corso delle indagini preliminari: “La minore è attendibile e ho riscontrato indicatori compatibili con un presunto abuso”, ha dichiarato il perito, che ha aggiunto di non avere dubbi sul fatto che “i contenuti riferiti dalla bambina non siano dovuti a condizionamenti subiti dalla madre né dalla nonna”.
La nonna, inoltre, registrò con il proprio smartphone la nipote mentre le raccontava delle violenze subite. L'audio è stato acquisito dai giudici, che lo hanno riprodotto durante il dibattimento.
La difesa dell’imputato attenderà le motivazioni della sentenza - il giudice ha tempo novanta giorni per depositarle - per decidere, se ricorrere in Appello contro la sentenza, che qualora dovesse passare in giudicato potrebbe comportare l’arresto dell’uomo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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