Ha chiesto un congedo parentale per stare con il suo bambino, ma passava la maggior parte del tempo senza curarsi del figlio. Ora l'uomo rischia il licenziamento. La ha affermato la sezione lavoro della Cassazione che ha rigettato il ricorso di un uomo, licenziato dopo che il datore di lavoro, sulla base di proprie indagini investigative, aveva accertato che "per oltre la metà del tempo concesso a titolo di permesso parentale" il dipendente non aveva "svolto alcuna attività a favore del figlio".
La Corte d'appello dell'Aquila aveva affermato che si era realizzato uno "sviamento dalla funzione tipica per la quale il congedo parentale era stato concesso, diretto a sostenere i bisogni affettivi e relazionali del figlio".
Il ricorso
L'uomo aveva sostenuto l'illegittimità della sanzione irrogatagli dall'azienda, sia rilevando che il congedo non è equiparabile ai permessi per familiari disabili previsti dalla legge 104, sia il fatto che non era stato accertato che avesse svolto altra attività lavorativa.
La Cassazione
La Suprema Corte, che ha confermato la pronuncia dei giudici abruzzesi, ha evidenziato che "può verificarsi un abuso del diritto potestativo di congedo parentale, nel momento in cui il diritto venga esercitato non per la cura diretta del bambino, bensì per attendere ad altra attività di lavoro, benché incidente positivamente sulla organizzazione economica e sociale della famiglia".
"Ciò
che conta non è tanto quel che il genitore fa nel tempo da dedicare al figlio quanto piuttosto quello che invece non fa nel tempo che avrebbe dovuto dedicare al minore", ha concluso la Cassazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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