Le parole e i fatti

In tutte le esternazioni di Carlo Nordio non c'è una virgola fuori posto. Discorsi sacrosanti a cominciare dai limiti e dai rischi insiti nell'abuso di uno strumento delicato come le intercettazioni.

Le parole e i fatti

In tutte le esternazioni di Carlo Nordio non c'è una virgola fuori posto. Discorsi sacrosanti a cominciare dai limiti e dai rischi insiti nell'abuso di uno strumento delicato come le intercettazioni. E quando il Guardasigilli paventa il pericolo di cadere «in una democrazia dimezzata» constata solo un dato oggettivo, perché in alcune fasi della storia recente del Paese questa eventualità si è trasformata in realtà. Lo abbiamo scritto e riscritto su questo giornale anche qualche giorno fa. Chi si scandalizza, chi innalza barricate, chi addirittura promuove una campagna contro il ministro cioè il solito foglio di forcaioli che slinguazza ogni giorno il grillismo e il suo leader (l'espressione il direttore del Fatto l'applica sempre agli altri ma mai a se stesso guardandosi allo specchio), lo fa perché di certe inchieste o processi messi in piedi su mezze frasi spesso sbagliate o piegate ai desiderata dei Pm, ne ha usufruito politicamente.

Del resto se ai giacobini togli la ghigliottina o il nemico a cui mozzare la testa, cosa resta? Il vuoto. È la condizione di un pezzo di sinistra italiana che in profonda crisi di identità o subisce l'egemonia di un avvocato d'affari che si inventa leader populista, o si rifugia nella nostalgia, nel ricordo del '900 e del Pci. Roba da psicanalisi collettiva. Solo che questi mondi più sono in crisi e più diventano violenti, più criminalizzano gli avversari. E magari gli riesce pure visto che i post-comunisti in Italia sono andati al potere (vale la pena ricordarlo in questi giorni in cui cade il ventitreesimo anniversario della morte di Bettino Craxi) all'indomani della caduta del muro di Berlino, cioè quando sono stati sconfitti dalla Storia.

Tutto ciò per dire che l'encomiabile sforzo del Guardasigilli di convertire i giustizialisti nostrani al garantismo è fatica sprecata, per il semplice motivo che loro sulla filosofia «manettara» ci vivono. È il loro «core business». Se mollassero quel credo diventerebbero disoccupati pronti per il reddito di cittadinanza. Loro aborrono ogni tipo di riformismo, le riforme non le vogliono e basta se non quelle che portano la firma del Dj Fofo-Bonafede. Anzi, le colte dissertazioni sulla giustizia, sulle perversioni di un certo modo di amministrarla mettendosi sotto i piedi i diritti della persona, possono essere addirittura controproducenti perché Nordio rischia di risvegliare nel proprio campo, gli istinti primordiali che vi albergano: esistono forcaioli di ogni colore. È il fascino indiscreto del giustizialismo: si augura sempre la galera agli altri fino a quando non ci si trova nei guai. Succede da trent'anni, ogni volta che il centrodestra ha avuto la maggioranza in Parlamento e ha tentato la strada di una riforma seria del sistema giudiziario: i giacobini di sinistra insorgevano, ponevano veti e trovavano qualche sponda sull'altro lato. Così la montagna, la grande riforma con dentro quell'araba fenice che è l'idea di separare le carriere di giudici e Pm, finiva per partorire un topolino. È una storia che si ripete dai tempi del decreto Biondi del primo governo Berlusconi, alla riforma Cartabia.

Ecco perché sarebbe meglio, molto meglio che il Guardasigilli facesse seguire al più presto dei fatti alle sue incontestabili critiche al sistema giudiziario, cioè presenti dei provvedimenti su cui il Parlamento sia chiamato a discutere e a decidere. Prima che sia troppo tardi.

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