Il peggio deve ancora arrivare

L'Italia maglia nera d'Europa compromette anche i prossimi anni. È il fallimento delle riforme del premier

Il peggio deve ancora arrivare

Il Pil dell'Europa cresce, quello dell'Italia ristagna. Il dato deludente del secondo trimestre proietta una lunga ombra sulla crescita dell'Italia nel 2016 e nel 2017. Noi abbiamo un'ampia capacità produttiva inutilizzata, cioè un deficit di produzione rispetto al nostro potenziale. Potremmo agevolmente crescere nei prossimi anni al ritmo dell'1,5-2% annuo. Ma ormai gli analisti prevedono che nel secondo semestre del 2016 ci sarà una crescita dello 0,2% al più. A fatica totalizzeremo lo 0,8% di crescita del Pil nel 2016 contro la previsione ufficiale dell'1,2%. Per il 2017 l'ufficio studi di IntesaSanPaolo prevede lo 0,8-0,9 al massimo; quello di Morgan Stanley lo 0,7. Quali le cause del rallentamento? Poiché senza l'Italia la crescita media europea nel secondo trimestre è lo 0,4 e quella del primo semestre è l'1,6, non si può trovare in Europa la spiegazione della crescita zero dell'Italia nel secondo trimestre. Del resto l'export italiano nell'area europea nel secondo trimestre è cresciuto del 2,1. C'è chi, nel tentativo di reperire all'estero la spiegazione del nostro rallentamento, ne trova la causa nella difficoltà di esportare nei Paesi extracomunitari. Ma nel secondo trimestre il nostro export extra-comunità europea è cresciuto del 2,9%. La spiegazione della semi stagnazione del Pil dell'Italia sta nella debolezza della domanda interna. Nonostante il governo attuale spenda in bonus di ogni specie per accattivarsi l'elettorato, con effetti negativi sul bilancio e sul debito pubblico, la domanda di consumi rimane fiacca, perché la disoccupazione è alta e ci sono alte tasse e preoccupazioni sul futuro. Dagli 80 euro in busta paga il governo è passato all'esonero contributivo per i nuovi contratti a tempo indeterminato ed ora ai bonus per i prepensionamenti e alla quattordicesima mensilità per i pensionati con meno di mille euro. Ma anche se queste misure saranno varate, con la legge di stabilità, le previsioni di crescita del Pil per il 2017 rimangono a meno dell'1%.

Quel che difetta nella domanda interna è l'investimento pubblico privato. Nel bilancio pubblico la spesa corrente ha soffocato la spesa per investimenti. Per le imprese gli investimenti sono ostacolati da procedure bizantine, che il governo attuale ha messo in atto, e dalla difficoltà a ottenere il credito bancario malgrado la Bce abbia abbassato il suo tasso di interesse sotto zero; le imprese fan fatica a ottenere credito perché le banche sono oberate di sofferenze sui crediti che smaltiscono al rallentatore; le procedure per il recupero delle garanzie non sono state snellite ed è difficile realizzare le garanzie immobiliari a causa della esosa tassazione diretta e indiretta degli immobili. Le emissioni di obbligazioni delle banche per aumentare il loro patrimonio e quindi la loro capacità di credito sono ostacolate dal timore degli obbligazionisti di perdere il proprio risparmio a causa delle norme europee sul bail in e delle avventurose e opache operazioni governative nel campo bancario. L'investimento nel settore delle costruzioni è del 33% inferiore al livello del 2007.

Secondo il Financial Times il fatto che l'economia italiana ristagni proietta una luce negativa sul governo Renzi. In effetti il divario fra le promesse e i risultati è impressionante. Ciò che più preoccupa è che, nonostante il divario fra la nostra performance e quella media europea e il divario che si prospetta fra il nostro futuro sentiero di crescita e quello degli altri in Europa, il governo Renzi non cambia rotta.

Non ammette che, avendo tutto il potere nelle proprie mani, con il suo decisionismo frettoloso, ha sbagliato le sue politiche e le sue riforme. Non riconosce che ha fatto danni e altri ne può fare con modifiche azzardate e ingarbugliate delle leggi ordinarie e delle norme costituzionali ed elettorali.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica