Pensioni, il doppio errore che il Pd non vede

Ma se salta il limite di età a 67 anni sistema a rischio

Pensioni, il doppio errore che il Pd non vede

La Ragioneria generale dello Stato, in questo caldo estivo, ha presentato una fredda analisi contabile che dimostra che il sistema pensionistico italiano non è allo sfascio e presenta uno degli andamenti dinamici più favorevoli, rispetto al Pil, fra quelli degli Stati europei. Se il sistema regge, ciò è essenzialmente merito delle due riforme fatte da Berlusconi, quella del 2004 attuata dall'allora ministro del Lavoro Roberto Maroni con la legge 243 e l'ulteriore riforma del 2010 con effetto nel 2011. Le due riforme berlusconiane, insieme, hanno generato un risparmio cumulato di circa 40 punti percentuali di Pil nei 55 anni dal 2005 al 2060. La riforma Fornero del 2011 del governo Monti entrata in vigore nel 2012, ha generato un ulteriore risparmio di 20 punti di Pil dal 2012 al 2060. Se fosse rimasto in carica il governo Berlusconi, dipinto da Monti con lassista in fatto di finanza pubblica, si sarebbero verificati una metà circa dei risparmi adottati dalla riforma Fornero. Inoltre, questa, con le sue imperfezioni, ha poi generato nuove spese per fronteggiare la questione mal risolta degli «esodati». La Ragioneria, dopo il quadro positivo di ciò che è stato fatto sin qui, aggiunge una nota negativa su ciò che ora si sta facendo o per meglio dire «disfacendo» con la Legge di Bilancio 2017 che prevede pensionamenti anticipati: generando con evidenti scopi elettoralistici - un aggravio al bilancio pubblico, con una contro-riformina rispetto a quella in atto. Il Pd renziano non ha capito che la riforma di Maroni e quella successiva del 2010 che elevavano le età pensionabili gradualmente potevano funzionare senza nuocere all'occupazione delle persone delle altre classi di età e in particolare dei giovani, perché era stata messa in atto una molteplicità di contratti di lavoro flessibili introdotti con la legge Biagi. Sicché mentre si alzavano le età pensionabili, la disoccupazione scendeva e non c'era un conflitto occupazionale generazionale. Invece, il sistema di ridurre la disoccupazione mediante pensionamenti anticipati che generano la domanda di nuovi lavoratori per sostituire quelli andati a casa, è doppiamente deleterio: perché aggrava il bilancio dell'Inps e il bilancio dello Stato che tappa i buchi aperti nell'Inps e perché non aumenta il numero degli occupati e perché può generare una improvvida sostituzione di personale dotato di esperienza, con personale che se la deve ancora fare. Il lavoro si crea con gli investimenti, con la riduzione delle imposte che ostacolano lo sviluppo economico, con la differenziazione dei contratti di lavoro a livello regionale e aziendale, con i contratti di lavoro flessibili informali del tipo di quelli delle riforme liberali berlusconiane.

Ma c'è un'altra cosa da aggiungere, riguardante chi ha fatto o cercato di fare le buone riforme e chi non le ha fatte, o le ha copiate male o ha fatto marce indietro.

Fu il primo governo Berlusconi a introdurre, nel 1995, la riforma del sistema pensionistico con il metodo contributivo: esso però fu rovesciato tramite uno sciopero generale della Cgil che consentì di far cadere il governo di Forza Italia e di rinviare una coraggiosa riforma liberale che aveva ricevuto elogi del premio Nobel dell'economia Franco Modigliani e di un economista di sinistra come Paolo Sylos Labini.

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