Tutte le zone a rischio in Italia: Casteldaccia non è caso isolato

Le tragedie come quelle in Sicilia e Liguria si potevano evitare. La natura è violenta, ma l'abusivismo edilizio è una piaga importante, come ricorda il Corriere

Tutte le zone a rischio in Italia: Casteldaccia non è caso isolato

Sì, la natura sarà anche "impazzita" come dicono molti osservatori. Ma la violenza della natura non può giustificare i morti. Soprattutto quando è la mano dell'uomo ad aver costruito dove non si poteva e che non ha demolito dove esistevano rischi per l'incolumità delle persone. Il quadro che Gian Antonio Stella fa su Il Corriere della Sera è chiarissimo. Basta partire dalla tragedia di Casteldaccia: quella casa non ci doveva stare, "dal lontano 2008 quando i proprietari, che a quanto pare non ci vivevano neppure preferendo affittarla o prestarla ad amici ('abuso di necessità'?), avevano ricevuto l' ordine esecutivo di demolizione. - spiega il giornalista -. Ma era bastato il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale perché tutto l'iter burocratico si bloccasse per mesi, per anni, per lustri. Esattamente come è quasi sempre successo, soprattutto nel Mezzogiorno".

La carrellata che fa Stella sui disastri, decisamente umani, è lunghissima. Si parte da Licata, dove due anni fa montarono proteste su proteste perché il sindaco Angelo Cambiano aveva voluto abbattere una serie di case abusive sul litorale. Una scelta che gli costò il Comune. Altro caso emblematico, al contrario, Ciro Caravà, sindaco in quota Pd di Campobello di Mazara, "che fece la campagna elettorale giurando che non avrebbe mai permesso di abbattere le case abusive di Tre Fontane, un orrendo ammasso di edifici tirati su a ridosso dell' area archeologica di Cave di Cusa, Selinunte". Mentre a Triscina, "per fermare le ruspe prossime a buttar giù dopo decenni almeno i villini più vicini al mare si son fatti venire un'idea grandiosa: erigere delle barriere in acqua per 'allontanare il mare'".

Da queste premesse, è evidente che quella tragedia di Casteldaccia si poteva evitare. Si poteva e si doveva evitare a Casteldaccia come in altri luoghio. Non è certo la prima volta che viene lanciato l'allarme sul rapporto fra edilizia abusiva e rischi idrologici. Ma tutto tace di fronte alla politica, alla burocrazia e alla giustizia lentissima. E i due documenti ritrovati ieri da Fabrizio Feo del Tg3 Sicilia dovrebbe far riflettere: il primo, è la Relazione geologica della Provincia Regionale di Palermo datata 2008. Il secondo, la Relazione del marzo 2012 per la Revisione del Piano Regolatore Generale.

Nell'ultima relazione, ricorda Stella, si legge: "In merito alla pericolosità idrogeologica bisogna precisare che il reticolo idrografico che interessa il territorio comunale di Casteldaccia è piuttosto fitto ed è caratterizzato da aste torrentizie in fase di approfondimento e da aree esposte a possibili fenomeni di esondazione" e ricorda il monitoraggio di "corsi d' acqua da salvaguardare, da vincolare e da attenzionare il Vallone di Casteldaccia, il Vallone Perriera, il Vallone Cubo e il Fiume Milicia" insieme ai loro tributari.

Insomma, la natura c'entra. Ma l'uomo ha colpe gravissime, come a Casteldaccia. Come ricorda Stella, "pietà per i morti. Vecchi, donne, bambini.

Ma tornano in mente ancora una volta, insieme con le parole del lutto e del dolore, quelle di Jean-Jacques Rousseau sul terremoto di Lisbona del 1755: 'Non è la natura che ha ammucchiato là ventimila case...'".

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