"Mi chiamo Luca Cellamare, ho 35 anni, una moglie, due figlie piccole di 7 e 2 anni e un lavoro, che per me è una missione: sono un poliziotto del Reparto Mobile, a Torino": è lui il poliziotto ferito da una bomba imbottita di chiodi e cocci negli scontri tra forze dell'ordine e antagonisti nel capoluogo piemontese.
"Ero così inc... e pieno di adrenalina che non sentivo il dolore"
L'agente racconta a Il Corriere della Sera gli istanti vissuti a Torino: "È successo che sono stato colpito da questo ordigno e mi sono beccato una grossa scheggia nella natica. Anche altri colleghi sono stati colpiti, uno di loro ha una frattura a un piede". Cellamare - come hanno spiegato i suoi colleghi - non ha mollato e ha continuato a lavorare: "Mi sono tolto dallo schieramento e sono andato nelle retrovie. Ho guardato in faccia il funzionario del servizio e ci siamo capiti: io ero il lanciatore di lacrimogeni e lui ha dato l’ordine di lanciare. Ho lanciato e a quel punto la folla che avevo davanti si è allontanata e l’ idrante ha fatto il resto. Se ne sono andati". E ancora: "Ero così inc... e pieno di adrenalina che non sentivo il dolore. Sentivo la gamba sanguinante ma sono andato avanti lo stesso per un’ ora".
Ma gli antifascisti non l'hanno voluto dare vinta alla polizia: "Si sono spostati in una via laterale e hanno continuato. Poi ho finito i lacrimogeni e ne ho chiesti altri a un collega". Ma la gamba non smetteva di sanguinare: "A un certo punto sentivo male. Ma avevo in testa solo l’ idea di aiutare gli altri. E ho corso e lavorato per un’ ora, con quelli che insultavano, lanciavano ordigni, bottiglie, sampietrini... Poi il questore vicario ha chiesto se c’ erano feriti. Sono stato zitto ma un collega mi ha messo un dito nello squarcio della divisa, sopra la coscia. Quando l’ ha tolto aveva la mano insanguinata e mi ha detto: tu devi andare in ospedale. Mi sono arreso".
Ora la ferita "brucia parecchio ma pazienza, sopporterò". La moglie - come sottolinea il poliziotto - ha pianto al pensiero che la scheggia avrebbe potuto colpirlo in un punto vitale ma "io sono un poliziotto. Per me lavorare è una missione. Mi alzo la mattina e infilo la divisa sapendo che quello che faccio non mi renderà mai ricco e che ogni giorno mi può succedere il peggio. Qualcuno però lo deve pur fare questo lavoro e anche dopo una serata come quella di giovedì il mio motto è: noi non perdiamo mai, o vinciamo o impariamo". Marito, poliziotto e padre. L'ultimo è il mestiere più difficile, soprattutto quando devi spiegare a una bimba quanto accaduto: "Faccio le medicazioni e quindi non le ho nascosto che è successo qualcosa ma per non spaventarla le ho detto: 'papà fa come te quando fai le gare e vai avanti lo stesso anche se sei stanca. Anche io mi sono fatto male, ho messo un cerotto grande grande e vado avanti così'".
E sui quei ragazzi in piazza "penso che questa gente abbia bisogno di disciplina e che sia arrivato il momento storico per dire basta al nostro lavoro politically correct nelle piazze. L’ altra sera la città è stata ostaggio di 400-500 teppisti pregiudicati che arrivavano da vari centri sociali d’ Italia. Secondo lei è normale? Io dico che ci sono due tipi di fascismo: quello dei fascisti e quello degli antifascisti".
Un pensiero che fa male più della ferita: "Brucia molto di più l’idea che qualcuno di noi prima o poi possa rimetterci la vita per gente che si dichiara antifascista o per chiunque altro fa della violenza la sua bandiera"- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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