Il Pranzo di Natale staffetta alla solidarietà

L’iniziativa viene promossa, come ogni anno, da Prison Fellowship Italia, Rinnovamento nello Spirito Santo e Fondazione “Alleanza del Rinnovamento nello Spirito Santo” onlus, con il patrocinio del Ministero di Giustizia

Il Pranzo di Natale staffetta alla solidarietà

Anche quest’anno, nonostante i grandi limiti imposti dalla pandemia, si è svolta, in forma ridotta, l’edizione 2020 di “L’ALTrA Cucina... per un Pranzo d’Amore” in 3 Istituti penitenziari d’Italia, Castelfranco Emilia, Cagliari e Salerno.

L’iniziativa viene promossa, come ogni anno, da Prison Fellowship Italia, Rinnovamento nello Spirito Santo e Fondazione “Alleanza del Rinnovamento nello Spirito Santo” onlus, con il patrocinio del Ministero di Giustizia.

Lo scopo del progetto è, da sempre e specialmente in questo tempo così sofferto, quello di richiamare l’attenzione di tutti sulla condizione della carcerazione, un tema che coinvolge non solo le persone recluse ma anche i loro familiari.

Questa giornata di solidarietà vede riunite tante forze lavoro con l’unico scopo di avvicinare le persone e non farle sentire mai abbandonate durante questo percorso di riabilitazione.

In un momento così duro, in cui tutti sono chiamati a rispettare le regole, l’impegno concreto di non scordarsi dei più fragili, deve essere ancora più forte. L’impegno concreto, in questo caso, è quello di offrire un pranzo di Natale a chi è recluso in carcere; un gesto di solidarietà, compiuto da dei volontari, per dimostrare ai detenuti di non essere stati dimenticati dalla società esterna e al tempo stesso di non far perdere loro la speranza di un futuro rinserimento nella società.

Dal 2014, infatti, in occasione delle festività natalizie, vengono organizzati pranzi d’eccezione preparati in carcere da prestigiosi Chef e serviti ai detenuti da molti personaggi dello spettacolo, del giornalismo e dello sport.

Quest’anno, a causa della pandemia, non è stato possibile avvalersi dei volontari all’interno delle carceri, ma grazie all’ impegno di risorse e alla straordinaria generosità di diversi sostenitori come Eccellenze Campane, si è riusciti a far arrivare un segnale d’amore e sostegno ai più deboli.

A Salerno gli 80 detenuti e il personale della polizia penitenziaria hanno ricevuto, come regalo di Natale, un pasto gourmet ed un pacco di pasta “’e Maccarune ‘e Napule” di tradizione dei pastai gragnanesi.

Sempre a causa della pandemia in corso ci sono state maggiori difficoltà per ottenere le autorizzazioni, ma una volta ottenute in pochi giorni è scattata la corsa alla solidarietà.

Nonostante quest’anno fosse oggettivamente più difficile organizzare

“ L’ALTrA Cucina... per un Pranzo d’Amore”, si è trovato presto un ‘altro modo per essere vicini alla realtà del carcere, per far arrivare il messaggio di vicinanza e di speranza che questa tradizione vuole trasmettere.

Dietro un semplice pacco di pasta c’era molto di più di un dono. C’era una vera e propria staffetta di reciproco aiuto, una catena di volontari che, non potendosi spostare tra comuni e città, si sono affidati ad altri volontari, ad esempio Valerio e Marco che con la loro ditta di cathering si sono resi disponibili a trasportare i pasti per 80 detenuti.

I pasti erano preparati dalla Chef, anch’essa volontaria, Marianna Vitale una Stella Michelin e premio Chef donna 2020.

Mai come quest’anno sono state messe in atto le parole dell’insegnamento di Papa Francesco: “Un uomo ha bisogno di un altro uomo, siamo tutti fratelli nessuno si salva da solo”.

Anche se non è stato possibile essere fisicamente vicini ai detenuti il messaggio è arrivato forte e chiaro ugualmente.

Ricevere un pasto diverso dal solito ed anche un semplice pacco di pasta come segno di fratellanza ha fatto commuovere soprattutto i detenuti più fragili, quelli abbandonati dalle loro famiglie, quelli che vivono la condizione di solitudine, causata dalla pandemia, come l’isolamento nell’isolamento, accentuando la sofferenza delle persone.

Le detenute si sono servite il pasto tra di loro come segno di collaborazione, di condivisione, al servizio l’uno dell’altra, come ci ricorda Papa Francesco: “Si può essere l’uno al servizio dell’altro”.

Questo insegnamento lo abbiamo appreso tutti in questi duri mesi in cui abbiamo capito che solo avendo attenzione verso il prossimo sarà possibile fermare la pandemia.

Quest’anno non ho potuto raccontare di storie emozionanti di detenuti che ricevono attenzioni di doni o cibi raffinati, perché non si poteva accedere all’interno del penitenziario per motivi di sicurezza.

Ho voluto comunque raccontare di una società che ancora risponde con passione al richiamo dei più fragili, degli ultimi.

Una società che non appare nei talk show o sui titoli di giornali ma rappresenta la linfa vitale della nostra cultura e rappresenterà la nostra storia; sono gli addetti alla sorveglianza penitenziaria, i medici, gli infermieri, gli addetti alle pulizie e i volontari che fanno staffetta per portare un segnale di pace, tutti armati del loro coraggio per superare questo drammatico momento offrendo ogni giorno

un servizio.

È grazie anche a questi eroi silenziosi, che il carcere può diventare «un luogo di inclusione e di stimolo per tutta la società, perché sia più giusta, più attenta alle persone». Sono parole di Papa Francesco.

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