Processo Yara, depone il custode della palestra

Alta tensione in aula

Processo Yara, depone il custode della palestra

La situazione precipita quando gli avvocati di Massimo Bossetti, unico imputato per l'omicidio di Yara Gambirasio, pongono domande su quali filmati e immagini aveva nel telefono cellulare Walter Brembilla, custode del centro sportivo da cui la tredicenne ginnasta scomparve il 26 novembre del 2010. Brembilla, barba e capelli arruffati, sorride imbarazzato e, con il volto acceso, accenna a rispondere. Il pm Letizia Ruggeri si oppone: si tratta di domande irrilevanti ai fini del processo. Il presidente della Corte d'assise di Bergamo, Antonella Bertoja, ricorda ai legali che l'uomo è testimone, non imputato e l'avvocato Paolo Camporini sbotta: "Per ora!". Risultato, il tortuoso esame di Brembilla viene sospeso perchè dopo l'affermazione dell'avvocato, per i giudici "non vi è più la garanzia della genuinità della prova".B Camporini e il collega Claudio Salvagni spiegano, fuori dall' aula, che il custode è stato "reticente e omertoso".

"Ha visto sicuramente delle cose che non vuole e non ha voluto riferire", accusano, perchè Brembilla, in aula e in quattro precedenti testimonianze davanti agli inquirenti ha più volte 'aggiustatò particolari riguardo quel pomeriggio. Il primo dicembre del 2010, cinque giorni dopo la scomparsa di Yara, aveva raccontato di essere stato in casa, che si trova all'interno del centro sportivo, nel lasso di tempo in cui la tredicenne uscì dalla palestra per essere inghiottita dal buio. Poi aveva detto di essere andato a prendere un ragazzo che doveva allenarsi alla stazione di Ponte San Pietro e l'aveva riportato poco prima delle 19. Nel frattempo, mentre il ragazzo si allenava, era stato chiamato un paio di volte alla reception del centro perchè gli insegnanti gli avevano chiesto se era pronto del materiale per un gara che si sarebbe tenuta la domenica successiva. Il tutto con una notevole confusione di orari rispetto alle deposizioni precedenti. Salvagni e Camporini sembrano voler evidenziare delle incongruenze che Brembilla, nel suo italiano stentato, spiega così: "Avevo paura che se non dicevo le cose giuste sarei stato sospettato perché sono il custode". Un atteggiamento "comprensibile" per uno dei legali di parte civile della famiglia Gambirasio, Andrea Pezzotta, il quel ricorda come "nella fase iniziale delle indagini si brancolava nel buio e gli investigatori sospettavano di tutti".

Pezzotta però ricorda anche come a Brembilla fu prelevato il dna, fu oggetto di indagini "doverose", intercettato a lungo e non sia "emerso nulla a suo carico". "Se poi avesse visto o sentito qualcosa, penso l'avrebbe riferito". Resta di fatto che l'uomo, dopo ripetute domande sul furgone della polisportiva che usava per trasportare gli atleti, sulla sua conoscenza di Yara ("Me la presentò suo papà, io l'avrò vista un paio di volte"), incalzato dagli avvocati risponde a muso duro: "Io non ho visto niente, io non ho sentito niente". Quindi il suo esame viene sospeso e si allontana dal tribunale coprendosi il volto col cappuccio della sua felpa in pile.B Prima di Brembilla altri testimoni marginali e anche una donna di Ambivere, paese vicino a Brembate. Cinzia Fumagalli, intorno alle 19 del 26 novembre di cinque anni fa, era uscita per buttare la spazzatura e vide un furgone "chiuso, non con cabina e cassone", procedere a velocità sostenuta.

E da quel furgone di colore chiaro sentì "una grido mozzato a metà", di una persona giovane, non sa dire se maschio o femmina. Le indagini sull'episodio, che riferì qualche giorno dopo ai carabinieri, non portarono a nulla di concreto.

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