Il rapimento, l'uccisione e la richiesta di riscatto. Ci sono voluti quarantasette anni per far luce - forse - su uno dei cold case più misteriosi degli ultimi 50 anni: l'omicidio di Cristina Mazzotti. La studentessa, figlia di un noto industriale, fu la prima donna del Nord ad essere rapita nella stagione dei sequestri che, tra gli anni '70 e '90, mieté una lunga scia di vittime. Nella terza, nuova inchiesta della procura di Milano sull'omicidio della 18enne ci sono quattro nuovi indagati.
Il rapimento
Cristina Mazzotti, 18 anni, fu rapita la sera del 1 luglio 1975. Stava rincasando dalla festa per il diploma quando, lungo la strada del ritorno a Eupilio, in provincia di Como, la Mini Minor su cui viaggiava insieme agli amici fu presa d'assalto da alcuni banditi. I malintenzionati trascinarono la ragazza fuori dall'auto e la portarono via dopo aver interdetto la fuga degli altri presenti. L'indomani del rapimento, al padre Helios, un produttore di cereali, furono chiesti 5 miliardi di lire per il riscatto. Una cifra a dir poco astronomica per l'epoca. L'imprenditore, che non era così ricco, riuscì a mettere insieme poco più di un miliardo e 50 milioni. Come da richiesta dei rapitori, lasciò il denaro in un appartamento di Appiano Gentile con la promessa che in cambio avessero liberato la figlia. Così non fu. Il cadavere di Cristina, rinvenuto l'1settembre, fu seppellito in una buca scavata nella discarica di Galliate, nel Novarese.
Le indagini
Sull'auto della ragazza la Polizia Scentifica individuò le impronte digitali dei presunti rapitori ma, per le conoscenze dell'epoca, servirono a ben poco. La svolta nelle indagini arrivò nel 1977 quando, nel corso di un'inchiesta per riclaggio di denaro, fu individuato uno dei presunti banditi, Libero Ballinari. In quella stessa circostanza, 13 persone furono condannate all'ergastolo. Tuttavia si trattò di individui che orbitarono attorno al delitto, con mansioni a vario titolo, e non degli "esecutori materiali". Nel 2007, una di quelle tracce fu abbinata all'identità di Demetrio Latella, un bandito affiliato al clan di Angelo Epaminonda. Il gip respinse l'arresto per mancanza di esigenze cautelari. Ciononostante Latella ammise le proprie responsabilità chiamando in causa altri due detenuti di lungo corso, Giuseppe Calabrò e Antonio Tàlia che, indagati a piede libero, si dichiarano estranei alla vicenda. Nel 2012 il fascicolo, passato a Milano per competenza territoriale, fu archiviato.
La riapertura del caso
Quarantasette anni dopo, il caso potrebbe essere riaperto. Stando a quanto riporta Il Corriere della Sera, ci sono nuovi indagati per il rapimento e l'uccisione della studentessa. Si tratta di Demetrio Latella (67 anni), Giuseppe Calabrò (72 anni), Antonio Tàlia (71 anni) e l'incensurato sessantaseienne Antonio Romeo, detto "l'avvocato".
I magistrati milanesi contestano ai quattro il reato di omicidio volontario della 18enne nel presupposto che "segregandola in una buca senza sufficiente aerazione e possibilità di deambulazione, somministrandole massicce dosi di tranquillanti ed eccitanti" ne abbiano cagionato la morte. Latella ha confermato le proprie responsabilità. Gli altri tre si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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