"Vuoi lavorare? Manda una foto in costume", l'azienda nella bufera

L'offerta d'impiego pubblicata da un'azienda napoletana suscita scalpore. La giustificazione: "Errore di un'impiegata inesperta". Ma il ministro del lavoro manda gli ispettori

"Vuoi lavorare? Manda una foto in costume", l'azienda nella bufera

Aaa cercasi receptionist che parli fluentemente inglese. Trentenne, autominunita. Un annuncio di lavoro come tanti, ma non per quel dettaglio che avrà fatto strabuzzare gli occhi alle potenziali candidate: "Si richiede l'invio di una foto a figura intera in costume da bagno o similare". Una ditta napoletana che si occupa di vigilanza, organizzazione eventi e receptionist è finita letteralmente nella bufera per un'offerta di lavoro pubblicata in rete e finita persino sulle bacheche di alcuni siti specializzati nella ricerca di un impiego. Il caso ha suscitato un tale clamore da attirare pure l'attenzione del ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando.

Annuncio di lavoro choc

Del resto, quella richiesta di una foto in costume non poteva che provocare scalpore. Anche perché non aveva nulla a che vedere con la tipologia di lavoro richiesto, ovvero l'accoglienza al pubblico in un centro direzionale di Napoli che ospita degli uffici. Il controverso dettaglio è rimbalzato presto sui social, dove è scattata l'indignazione, tra commenti di protesta e accuse di sessismo. Peraltro, a innescare le ire degli utenti è stata pure la paga offerta dalla suddetta azienda campana: 500 euro mensili per un totale di 24 ore lavorative settimanali.

Ma il biasimo ha pure travalicato i confini della rete, arrivando alle istituzioni. "Vogliono una foto in costume da bagno? Ma che annuncio assurdo, non adatto. Sono scandalosi ma lo sono sotto tanti punti di vista, a partire dalla ricerca di una donna con meno di 30 anni e dello stipendio che è assurdamente poco adatto all'impegno e all'attività che si richiede", ha lamentato l'assessore al Lavoro del Comune di Napoli, Chiara Marciani, contattata dall'Ansa. Da parte sua, la ditta napoletana aveva nel frattempo rimosso il riferimento al costume da bagno dall'annuncio incriminato, giustificandolo come "l'errore di un'impiegata inesperta che non conosceva le policy aziendali sulla parità dei sessi". Al contempo, la società ha riconosciuto l'inappropriatezza di quella richiesta "balneare.

Caso chiuso? No.

La vicenda è infatti arrivata agli orecchi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che - secondo quando si apprende - ha chiesto al direttore dell'ispettorato nazionale del lavoro, Bruno Giordano, di inviare gli ispettori a Napoli per svolgere accertamenti. Per l'azienda in questione, una svista che non farà buon curriculum.

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