A Roma tredici immigrati si sono asserragliati nel centro d’accoglienza Namastè di Ponte Nona – in via Grappelli – e hanno cercato di respingere la polizia con la forza.
Gli agenti hanno provato a notificare l’espulsione agli stranieri, che hanno subito la revoca delle misure di accoglienza per aver violato reiteratamente le regole di comportamento. Questi hanno protestato e si sono barricati in una stanza dell’edificio, non accettando le direttive dei responsabili della struttura che li invitavano ad uscire e a seguire le forze dell’ordine.
I poliziotti incaricati dal commissariato Casilino Nuovo sono stati quindi attaccati a calci e pugni, oltre che da un lancio di sedie. L’intervento aggiuntivo dei colleghi del reparto mobile è stato decisivo per sedare la rivolta, ammanettare gli immigrati e portarli in questura. Degli africani richiedenti asilo – Sierra Leone, Costa d'Avorio e Mali i loro Paesi di provenienza – cinque sono stati rilasciati, mentre gli altri sono ancora in stato di fermo con a carico una denuncia per violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale e invasione di edifici.
Il centro teatro degli scontri è di proprietà della Cooperativa 29 giugno e in seguito allo scandalo di Mafia Capitale alla struttura è stata tagliata l’erogazione di cibo ed acqua calda e agli ospiti è stato negato anche il ticket da 2.50 euro che percepivano regolarmente tutti i giorni.
Ma quanto successo non è una novità. Era settembre 2014 quando, sempre a Roma, quindici migranti diedero fuoco a materassi e salirono sul tetto al Cie per protestare contro le condizioni di vita nel centro.
Mentre a fine anno una decina di marocchini sbarcarti a Lampedusa avevano inscenato una contestazione choc cucendosi le labbra e rifiutando il cibo per giorni per chiedere un miglioramento del trattamento a loro riservato. Scene ricorrenti, sempre nel Cie capitolino, fin dal 2013, quando partì la campagna delle bocce cucite.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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