Accumulavano in modo abusivo tonnellate di marmitte catalitiche esauste e le cedevano a basso prezzo ad aziende italiane, ben consapevoli delle violazioni di legge. Per questo motivo otto persone sono state rinviate a giudizio per transazioni illecite di rifiuti pericolosi e non pericolosi fra Trieste e l’Est Europa.
Secondo quanto riporta TriestePrima, il giro d’affari è di 5,5 milioni di euro, di cui 2,5 milioni di evasione fiscale e violazioni per passaggi di denaro contanti e per movimenti transfrontalieri di valuta per circa 3 milioni. L’Operazione business trash è stata condotta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria e dalla Guardia di Finanza di Trieste, coordinate dalla Procura.
La banda di criminali aveva base strategica nel capoluogo giuliano con diramazioni anche in alcuni Paesi dell’Est. Gestiva tutti gli affari un cittadino serbo quarantenne, residente da anni a Trieste, il quale aveva un tenore di vita elevato nonostante dichiarasse redditi bassi al fisco.
Dalle prime ricostruzioni, risulta che l’uomo aveva ottenuto da soggetti perlopiù dell’est Europa tonnellate di marmitte catalitiche esauste destinate allo smaltimento, violando le norme in materia di tutela ambientale. Per fare questo, si era servito della propria ditta individuale ma anche di imprese italiane ed estere attive nel settore dei materiali ferrosi, riconducibili a meri prestanome. Erano tutti senza autorizzazione per trattare i rifiuti pericolosi.
L’uomo aveva chiuso la propria ditta individuale e aveva aperta una nuova società in Bulgaria.
Una volta ottenuti i rifiuti, li rivendeva a poco prezzo ad alcune aziende italiane per il recupero dei relativi metalli nobili, le quali erano consapevoli delle violazioni e qualche volta garantivano al loro fornitore aiuto finanziario e logistico per promuoverne gli affari.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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