Se la censura mette a nudo

Se la censura mette a nudo

Era vero. La censura annunciata di Facebook è arrivata. Le fotografie di Wilhelm Von Gloeden, che fu attivo a Taormina negli anni di Oscar Wilde e di D'Annunzio, oggi esposte a Sutri, non possono esser pubblicate perché rappresentano ragazzi nudi. La censura è tanto più grave perché rappresenta una subdola condanna del mondo omosessuale. Nessuno si sognerebbe di censurare le Tre Grazie di Canova, ma tre ragazzi nudi fanno scattare una reazione omofoba, con evidente e intollerabile discriminazione. Inutile ricordare i bronzi di Riace o il Davide di Michelangelo. Un pugno di veloci calcoli, detti algoritmi, senza anima, né sentimenti, senza occhi, vieta di pubblicare un'inserzione sulle mostre del museo di Palazzo Doebbing a Sutri. Secondo il regime di Facebook, una foto di Wilhelm Von Gloeden, che fu formidabile veicolo promozionale per la Taormina di inizio secolo, deve essere oscurata. Nudi mitici come nell'antica Grecia. Un giovinetto pensieroso, che si mostra all'obiettivo del grande fotografo tedesco, è un tributo alla classicità greca. Un messaggio semplice che invita a venire a Sutri. «La foto non rispetta gli standard»; e Facebook torna a colpire l'arte, i suoi significati più profondi.

Dopo le opere di Courbet, Cagnacci, Balthus, Rubens e molti altri, ora tocca a Von Gloeden, in una continua decomposizione morale e del buon senso che sembra, ormai, senza fine, capace di sterilizzare ogni sensibilità. Chi vede il male in quelle immagini, lo ha dentro. Facebook dentro non ha niente.

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