Sentirsi primi della classe fa sempre piacere. E quando sono i tedeschi, «secchioni» per definizione, a riconoscere i meriti dell'Italia, il piacere raddoppia. È successo ieri, per i vaccini. Il portavoce di Angela Merkel, spiegando i prossimi passi di Berlino, ha detto che in Germania il numero dei vaccinati non è sufficiente, che bisogna aumentarli e che il governo intende «prendere esempio da Italia, Spagna e Portogallo».
Una soddisfazione, appunto. Non del tutto inedita, a dire il vero, perché trovare gli italiani su qualche tipo di podio non è una novità. Sarebbe fin troppo facile e scontato citare l'estate di vittorie dello sport. Meglio pensare ai tanti Marco Polo dell'economia che da sempre girano il mondo «piazzando» un po' ovunque la creatività della Penisola e facendo del nostro Paese uno dei massimi esportatori a livello internazionale. I loro successi hanno una caratteristica: sono spesso incasellati come espressione di una sorta di «genialità rinascimentale» che il mondo, Germania in testa, ci riconosce. E la genialità è considerata tanto più meritevole in quanto nasce e si sviluppa in un'Italia che rimane, se non quella dei Borgia, una terra sgarrupata e inconcludente.
Il caso dei vaccini, però, è diverso e per questo forse più significativo. Qui il podio dell'Italia nasce dal sistema, da una sorta di «patto di cittadinanza», un accordo tacito ma concreto che milioni di persone hanno accettato e messo in pratica: scegliendo di impegnarsi a far funzionare la macchina organizzativa dei vaccini o semplicemente decidendo, ordinatamente e con senso di responsabilità, di vaccinarsi.
Gli italiani hanno valutato la serietà della sfida che avevano di fronte e la serietà delle persone incaricate di affrontarla, a cominciare, come ovvio, dal premier Draghi e dal generale Figliuolo, che la macchina hanno costruito e messo in strada. Quindi si sono tirati su le maniche e si sono dati da fare.
Per una volta l'«italico genio» non ha contato nulla, a contare è stata l'italica serietà. Quella di un Paese di persone che fanno ogni giorno il loro dovere. E che forse hanno un torto solo: quello di essere troppo tolleranti con chi il proprio dovere non lo fa.
Ma anche questo, il comportamento degli italiani di fronte al virus, non è una novità. Si è sempre detto che diamo il meglio di noi nelle emergenze. I nostri nonni dicevano che è vero, nella Prima guerra mondiale c'era stata Caporetto, ma poi era arrivato il Piave. È passato un secolo e le cose non sono cambiate.
Adesso si tratta di trasformare l'impegno dimostrato di fronte al Covid in uno sforzo quotidiano per
migliorare il Paese. In attesa che il successore della Merkel, chiunque esso sia, decida di fare i complimenti all'Italia per la precisione e l'efficienza dimostrati nello spendere le centinaia di miliardi in arrivo dall'Europa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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