Spie e dati rubati, ombre russe sull'Italia

Espulsi due funzionari di Mosca, alta tensione col Cremlino

Spie e dati rubati, ombre russe sull'Italia

Nella canzone Moonlight and vodka uno sconsolato Chris de Burgh trema in un gelido bar di Mosca sedotto dagli sguardi di ragazze del Kgb e canta Espionage is a serious business, well I've enough of this serious business: lo spionaggio è una brutta faccenda e io e ne ho abbastanza di crepare di freddo. Il caso di spionaggio che ieri è balzato alle cronache mondiali è sia ordinario per qualità e per entità che gigantesco per i messaggi criptati che contiene. Il fatto è che le spie non si arrestano. Una volta scoperte, le si obbliga a trasformarsi in agenti doppi. Se invece si arrestano spie da poche migliaia di euro per poi coinvolgere ambasciatori e capi di Stato, vuol dire che c'è qualcosa di più ingombrante sulla scena. Certo è che l'inizio della presidenza di Joe Biden ha coinciso con un riscaldamento della già rovente frontiera cinese (Mar del Sud della Cina, Taiwan e Hong Kong) dove da sei mesi sono schierate le flotte cinese, americana, giapponesi, vietnamite e australiane, più navi francesi e una portaerei inglese; con un sanguinoso colpo d'avvertimento all'Iran attraverso una strage di sciiti iracheni e con il riscaldamento della situazione ucraina in cui l'intera Nato è chiamata in causa. In panchina si sta scaldando la Polonia difesa dalle brigate super- portate da Obama (e che Trump si è ben guardato dal rimuovere) e la situazione artica potenzialmente minacciosa. L'Europa si dice felice del ritorno dell'amico americano dopo il distacco dell'era Trump, ma i dubbi sono leciti. La Germania di Angela Merkel, renitente alla leva, non manda fuori confine neanche un vigile urbano e la Francia di Macron agisce ancor più da una potenza continentale contenendo la Turchia che si dichiara leader dell'Islam. Il lettore potrà chiedersi in qual modo tutto ciò possa avere a che fare con la storia di un caso di spionaggio che vede coinvolto un ufficiale italiano che trafficava segreti per una manciata di euro. Espionage is a serious business. E quando una storia di misere spie diventa protagonista scena mediatica si può star certi che qualcuno ha già calcolato le mosse e le contromosse. Ma di quale partita? La posta in gioco ci sembra sia il rinato antagonismo fra Stati Uniti e Russia che sarebbe troppo sbrigativo chiamare con il vecchio nome di «Guerra fredda». La storia non si ripete mai neanche sotto forma di farsa e quel che accade oggi è del tutto nuovo, come il virus Covid. Ieri si è consumato dunque un atto di visibile e non necessaria ostilità, non perché sia stata arrestata una spia italiana che vendeva segreti militari agli acquirenti russi, ma perché quell'arresto viola le buone creanze della guerra di spie in tempi di pace. Un fatto è certo: il governo italiano è stato chiamato a dar prova di prestanza muscolare nel reagire appropriatamente, mentre l'alleato statunitense alzava la voce per dire «Noi ci siamo». I russi hanno evitato reazioni inappropriate per un buon giocatore di scacchi, ma i media di quel Paese riorganizzavano i fatti, mentre gli analisti impazzivano. Ma oltre gli analisti, entravano in tensione anche gli apparati militari delle armi cyber delle reti e dei satelliti.

Non sappiamo ancora come vada letto l'intero messaggio, ma l'evento di ieri è certamente un messaggio con molte password. Che cosa fosse stato scritto forse non lo sapremo mai. Ma certamente non erano colombe della pace quelle che ieri volavano sui cieli del nostro emisfero.

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