Dopo la tragedia del ponte Morandi, anche per la strage del bus di Avellino si punta il dito contro Autostrade per l'Italia. Secondo la perizia effettuata da Felice Giuliani, nominato dal giudice del tribunale, la barriera era deteriorata e per questo non è riuscita a bloccare il pullman.
Era il 28 luglio del 2013 quando un pullman, con a bordo una comitiva di pellegrini di ritorno da Pozzuoli, era precipitato dal viadotto autostradale Acqualonga della A16 Napoli-Canosa. Un volo di 23 metri nelle campagne di Monteforte Irpino, dal quale uscirono vive soltanto 7 persone. Le altre 40 restarono uccide dall'urto. Secondo il perito del tribunale di Avellino, il bus si scontrò contro le barriere, "dopo aver percorso in condizioni di rilevante inefficienza del sistema frenante, conseguente alla perdita dell'essenziale organo di trasmissione, un tratto di circa 880 metri", a una velocità di circa 89 chilometri orari. Ma la barriera avrebbe potuto bloccare la corsa dell'autobus, se "fosse stata correttamente manutenuta, come avrebbe dovuto e invece non fu". Infatti, i perni utilizzati per ancorare a terra la barriera avrebbero retto, se non fossero stati corrosi dal sale che, in quella zona dell'autostrada, viene utilizzato d'inverno per fronteggiare neve e ghiaccio.
A processo, insieme all'autista del bus Gennaro Lametta, che nell'incidente ha perso il fratello, anche i vertici di Autostrade per l'Italia.
La perizia non ha ancora chiarito, come le due precedenti, le responsabilità della morte di 40 persone, dovuta soprattutto al fatto che il pullman non avesse un efficace sistema di frenata e alla mancanza di barriere efficienti. Sarà compito di una quarta perizia sciogliere questo nodo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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