La strage degli operai: uccisi nei capannoni mentre lavorano di notte

Quattro delle sette vittime sono morte in fabbrica. Uno sostituiva un collega malato, un altro avrebbe dovuto uscire un’ora dopo

La strage degli operai:  uccisi nei capannoni  mentre lavorano di notte

Il ventre della terra si scuote, sussulta, urla. Invisibile, di nuovo a caccia delle nostre piccole vite umane. L’altra notte, micidiale predatore ne ha inghiottite sei, uomini e donne, senza lasciare possibilità di scampo. Chiamatelo destino crudele, sorte maligna, iella maledetta, c’è chi non avrebbe dovuto trovarsi lì e invece c’era; chi l’ha scampata per un pelo; chi dal sonno è passato alla morte, forse senza nemmeno accorgersene.

Stavano lavorando quattro delle sei vittime uccise da questo terremoto che in un freddo week end di maggio, triste quanto un cattivo presagio, ha squassato un pezzo di Emilia. Due sono i morti a Sant'Agostino di Ferrara, un altro a Bondeno, l'ultimo a Dosso, frazione di Sant'Agostino. Gente «invisibile», di quella che fa i turni, di giorno spesso riposa, la notte indossa la tuta blu. Al posto delle feste comandate orari che ribaltano la vita, i pasti decisi dalla sirena.

Gerardo Cesaro, aveva 57 anni, origini campane, ma da tempo viveva a Molinella (Bologna). Lavorava nella fonderia Tecopress di Dosso, provincia di Bologna, da tre anni. Fabbrica a ciclo continuo. La pensione ormai lo aspettava, alle sei avrebbe terminato il suo turno. Quando gli altri sono scappati, mentre le mura tremavano, lui si è perso. Accanto, su un muletto, un pachistano che si è buttato sotto una macchina. La sua salvezza: se l’è cavata con una ferita a un dito. Cesaro è stato trovato sotto le macerie del tetto crollato verso le 11 del mattino. C’è voluta un’ora per estrarlo, sotto un temporale tinto di lutto. La moglie a casa disperata, suo figlio, chiamato al telefono dai colleghi superstiti assisteva muto dietro ai soccorritori. Il volto bagnato dalla pioggia e dalle lacrime.
Nel reparto monocottura della Sant'Agostino Ceramiche, nell'area industriale del paese alle porte di Ferrara, hanno perso la vita altri due operai. Se il tempo fosse stato bello, uno di loro ieri sarebbe stato al mare, invece aveva deciso di prendere il posto di un collega. Le vittime si chiamavano Nicola Cavicchi e Leonardo Ansaloni, anche loro dovevano tornarsene a casa alle 6. Pure loro sono morti schiacciati dal tetto del capannone dove stavano lavorando. Nicola, 35 anni, lascia una promessa sposa e due genitori che ancora non riescono a crederci.

«Voleva andare al mare - raccontano piangendo - ma le previsioni non erano buone e così aveva deciso di sostituire un collega in malattia». Madre e padre hanno cominciato a preoccuparsi solo quando non lo hanno visto tornare a casa intorno alle 6.30. «Avevamo sentito le scosse - spiegano -, ci siamo svegliati, abbiamo acceso la tv: diceva che non c'erano vittime e quindi ci siamo messi tranquilli. Poi quando non lo abbiamo visto tornare abbiamo deciso di telefonargli: non rispondeva. È stato l'altro nostro figlio a correre in fabbrica per controllare. Lì ha scoperto cosa accaduto». Grande appassionato di mare e di calcio, Nicola, stava ristrutturando una casa, quella dove pensava di mettere su famiglia. Lo stesso cemento ha sepolto anche Leonardo Ansaloni, 41 anni di Reno Centese, sposato, padre di due bambini. Alle 8 del mattino il suo corpo era ancora sotto le macerie. Tarik Naouch, marocchino di 29 anni, aveva trovato la sua nuova vita in Italia. Finalmente un lavoro. È morto a Ponte Rodoni, località di Bondeno, in provincia di Ferrara. Lavorava alla Ursa, azienda di polistirolo. Un’ora ancora e avrebbe finito il turno. I colleghi e amici raccontano di quanto fosse felice, uno stipendio, una casetta, stava preparando i documenti per far arrivare in Italia la sua giovane moglie. È stato invece lo spavento a tradire, a Sant'Alberto di San Pietro, nel Bolognese, una tedesca, Gabi Ehsemann, 37 anni. Era qui per motivi di lavoro.

A chiedere aiuto è stato un uomo che la ospitava: dopo la scossa la straniera si è sentita male, aveva problemi a respirare, poi ha perso conoscenza. Il cuore si era spaccato. Un’anziana invece è arrivata troppo tardi in ospedale, uccisa da un ictus.
Viveva invece da 103 anni l’ultima vittima, Nerina Balboni. Età da record fermata dal terremoto.

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