La terribile storia di Anna inizia nel 2009. Insieme alla madre arriva dalla Russia fresca di laurea. Qui inizia a lavorare per riuscire a tirare a campare: un lavoro come baby sitter, poi qualche mese da barista, hostess, cuoca e badante. Infine un matrimonio sbagliato, la vita in un capannone, la segregazione, le violenze, gli stupri.
Era il 29 gennaio del 2016 quando i carabinieri, nel corso di una operazione contro il furto di elettricità di alcuni occupanti abusivi di un capannone, trovarono Anna in uno stato impietoso: rannicchiata in terra e avvolta da alcune coperte, ai militari disse che da due mesi era in balia di un uomo, Ion Grigoriu, 45enne moldavo.
L'orrore per Anna inizia quando conosce un ragazzo di cui rimane incinta. A causa dei continui litigi della coppia, spiega Il Messaggero, Anna e l'uomo sono costretti a lasciare la casa e a cercare rifugio nel capannone occupato. Qui Anna viene segregata e violentata (anche mentre era incinta) da Grigoriu. E poi le botte, la vita da serva degli occupanti e le minacce di morte nel caso avesse raccontato qualcosa alle forze dell'ordine. Anna era costretta a lavare, stirare e cucinare per tutti. Il resto della storia è cronaca di violenze indicibili cui la giovane russa era sottoposta.
Il suo racconto ai carabinieri aveva fatto scattare le indagini immediate dell'Arma.
In primo grado i giudici della III Corte d'Assise di Roma avevano condannato Grigoriu a 10 anni di carcere per le violenze, riconoscendo alla ragazza uno stato di soggezione e riduzione in schiavitù. I colleghi della corte di appello, però, hanno ridimensionato l'accusa assolvendo Grigoriu dall'accusa di schiavitù "perché il fatto non sussiste" e riducendogli la pena a 8 anni e mezzo di reclusione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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