Una piccola Ong incaricata dal ministero della Giustizia di deradicalizzare gli adepti della guerra santa si è fatta prendere per il naso da Kujtim Fejzulai, il terrorista di Vienna. I rapporti dell'associazione sulla sua «redenzione» hanno permesso al giovane jihadista di uscire dal carcere e portare avanti il piano del terrore. L'Ong Derad fa parte di una rete europea, Ran, finanziata dalla Ue con 40 milioni di euro dal 2013 per combattere la radicalizzazione islamica. Non solo: l'intelligence di Bratislava aveva informato gli austriaci che Fejzulai stava cercando di acquistare munizioni in Slovacchia lo scorso luglio. L'informativa è rimasta lettera morta. Il governo austriaco istituirà una commissione d'inchiesta indipendente per far luce sul sistema colabrodo, che ha permesso al terrorista di seminare sangue e terrore a Vienna.
Il «soldato» dell'Isis era stato condannato nell'aprile 2019 a 22 mesi di carcere dopo avere tentato di raggiungere la Siria per combattere con lo Stato islamico. Dietro le sbarre era sottoposto a un programma di deradicalizzazione dell'associazione Derad composta da 13 musulmani. «L'idea che una piccola Ong possa incidere sulle profonde radici politico-sociali che hanno portato questi individui e gruppi al conflitto violento con la società e le istituzioni, è a dir poco naif» sostiene Sergio Bianchi esperto di deradicalizzazione.
L'Ong utilizza il software Vera 2R, che ha la pretesa d'identificare i giovani jihadisti e pianificare le strategie per deradicalizzarli. Il programma del ministero della Giustizia austriaco è basato sul lavoro della società olandese RadarEurope, che ha costituito la rete europea RAN finanziata dalla Ue per combattere la radicalizzazione. «È un paradosso indicativo che proprio Kujtim Fejzulai nel suo passaggio nelle carceri austriache avesse seguito con successo il programma di deradicalizzazione in prigione organizzato da Derad» spiega Bianchi. Il terrorista è riuscito a prendere in giro gli esperti della Ong facendo credere che aveva capito l'errore e ripudiava l'Isis.
I rapporti sulla redenzione hanno convinto la magistratura a liberare Fejzulai sospendendo la pena il 5 dicembre scorso grazie a una legge sui reati giovanili. Poi avrebbe dovuto essere regolarmente monitorato, ma non è servito a nulla. Il direttore di Derad, Moussa Al-Hassan Diaw, ha respinto le accuse e il ministro della giustizia austriaco Alma Zadi, del partito dei Verdi, difende il programma. Al contrario, il ministro dell'Interno, Karl Nehammer, ha ammesso «il fallimento del sistema» spiegando che il terrorista «è riuscito a ingannare il programma di deradicalizzazione». Una delle criticità è che questi metodi non consentono di monitorare i soggetti pericolosi per un periodo più lungo rispetto allo stretto necessario ad evitare la pena.
Nonostante Fejzulai sembra avere agito da solo, si appoggiava su una rete di giovani della diaspora slava e cecena in Europa. Dopo i primi 16 arresti, ieri sono finiti in manette un macedone e un ceceno. Ogni anno il terrorista tornava nel nord della Macedonia terra d'origine della famiglia. Una zona albanese confinante con il Kosovo, crocevia di traffici di armi e zeppa di moschee finanziate da turchi e sauditi, che nel 2001 tentò la secessione armata.
La diaspora
slava e cecena, che produce giovani estremisti, si è diffusa «in una sorta di mezzaluna che va dai Balcani a Trieste e Venezia - spiega Bianchi - fino a Vienna e Monaco, passando per la Svizzera tedesca e lambendo il Belgio».
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