“Avevano promesso di aiutarmi e invece hanno rapito i miei bambini”. Ha gli occhi lucidi e il viso stanco Lucia quando inizia a raccontarci come gli assistenti sociali di Torino sono riusciti a portarle via i suoi tre figli.
Da un mese ormai la sua casa nel quartiere torinese è diventata silenziosa, niente più risate, nessuno scherzo tra bambini, scomparsi i giocattoli a colorare le camere. Nelle stanze semivuote fotografie di bimbi sorridenti cospargono le pareti, osservano i pianti giornalieri di Lucia e assistono, immobili, alla battaglia della madre per riuscire a riportare a casa gli amori della sua vita. Lei è una delle mamme tornesi che nelle ultime settimane sono uscite allo scoperto per denunciare presunti affidi illeciti.
Tutto ha inizio circa sei mesi fa quando, durante una lite in famiglia, il compagno di lei e padre del suo ultimo bambino, tira un forte schiaffo al figlio più grande. Un episodio che colpisce il ragazzino, che ne parlerà anche a scuola. Sotto i consigli degli insegnanti, la mamma decide di portare il dodicenne al pronto soccorso, ma la reazione dei servizi sociali (che già seguivano la famiglia dopo una richiesta di aiuto economico) obbliga Lucia a prendere una decisione drastica. “Mi hanno detto che dovevo denunciare il mio compagno, altrimenti sarei risultata complice dei maltrattamenti e, questo, avrebbe potuto portare a conseguenze spiacevoli.” La mamma ascolta gli operatori e si affida ai carabinieri. “Hanno attivato una 403 e allontanato dal papà del bimbo. Dicevano che la situazione era rischiosa e io, dovevo essere protetta”.
Dopo un piccolo periodo di stallo in cui la mamma e i tre bambini si spostano da un alloggio all’altro, arriva l'inserimento in una “comunità mamma-bambino” nel Cunese. “Lì è iniziato il mio incubo", ricorda con fatica Lucia. "Il centro era gestito da suore laiche che maltrattavano i bambini. I miei li strattonavano, gli urlavano contro che non erano normali. Gli insulti erano all’ordine del giorno. Ma c’erano mamme che assistevano a veri e propri maltrattamenti sui propri figli. Alcuni per punizione venivano chiusi in bagno, lasciati ore a sedere sul seggiolone con la faccia rivolta verso il muro, oppure costretti a stare chiusi nelle loro stanze con la luce spenta.” Le storie dell’orrore non facevano dormire Lucia che, ad un certo punto, decide di ribellarsi. La mamma inizia così a raccontare cosa le stava accadendo su Facebook e a condividere anche diversi articoli sul "caso Bibbiano". Mai avrebbe pensato che questo le sarebbe costato l’allontanamento dai figli.
Un giorno arrivano in comunità gli assistenti sociali e con una lettera scritta a mano del Tribunale dei minori le comunicano che, dopo poco, avrebbe salutato i suoi bambini. “Mi dissero che me li avrebbero tolti. Il giorno stesso. quando iniziai a piangere, disperata, l’unica spiegazione che mi diedero fu che non avevano trovato un’altra comunità disponibile ad accogliermi dopo che, la mia, aveva comunicato di non volermi più ospitare”. Dopo poche ore i due più grandi vengono divisi e portati in strutture differenti. Il terzo, il più piccolo, invece deve essere accompagnato da una famiglia affidataria che, i servizi sociali, hanno già trovato. Tutto mentre Lucia viveva ignara di cosa stessero progettando alle sue spalle.
“Mi permettono solo di accompagnarlo fino alla sede dei servizi, ero fuori di me", ricorda Lucia. Tra urla di disperazione e in un mare di lacrime, la mamma sta vicino al figlio per il primo tratto di strada accompagnata da tutti i suoi familiari. “Ad un certo punto mia madre si è accorta che i servizi sociali stavano partendo in macchina con mio figlio. Non lo avevamo neanche salutato. Inizia a correre e si attacca alla seggiolino per cercare di bloccarli, ma loro, sotto gli occhi dei carabinieri, la aggrediscono prendendola per le braccia, poi per il collo, la sbattono al muro e riescono a scappare”.
Lucia parla di quel giorno come il “momento del rapimento”. Da lì vedrà i suoi figli una volta ogni due settimane, sotto osservazione e in luogo neutro. Eppure nei suoi confronti non ci sono mai state accuse e, per i suoi figli, Lucia non è mai stata un pericolo. “Quello che mi distrugge è che non ci sono motivazioni a tutto questo”. Il suo legale ha provato a cercarle e nei fogli del Tribunale è emersa la lista dei motivi dello sfratto dalla struttura in cui la famiglia ha vissuto per i primi mesi.
“C’era scritto che stavo facendo una campagna contro i servizi sociali e che avevo pubblicato post sui bambini di Bibbiano”. Per questo, ne è conviunta Lucia, "mi hanno punita". Per aver raccontato la sua verità e preso le difese di tutte quelle mamme che, come lei, stavano affrontando un calvario inimmaginabile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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