Treviso, ricette in lingua veneta: il caso arriva all'Ordine dei Medici

Ha destato forti polemiche l'iniziativa di Riccardo Szumski, medico e primo cittadino del comune di Santa Lucia di Piave, di utilizzare la lingua veneta per compilare le ricette dei suoi pazienti. La locale sezione dell'Ordine dei Medici si scaglia infatti contro l'idea avanzando dubbi di tipo deontologico

La ricetta medica in lingua veneta.
La ricetta medica in lingua veneta.

È una polemica di carattere prettamente linguistico quella scoppiata in questi giorni in provincia di Treviso, che mostra quanto può diventare grottesco l'accanimento delle istituzioni contro una libera iniziativa privata. Al centro del dibattito è finito Riccardo Szumski, medico del comune di Santa Lucia di Piave - nonché dal 2012 primo cittadino del medesimo alla guida di una lista civica - che da questo lunedì ha deciso di iniziare a prescrivere i farmaci per i suoi pazienti utilizzando la lingua veneta al posto dell'italiano, in un tentativo di riportare l'idioma al suo naturale uso quotidiano e di scongiurarne così la scomparsa.

Parlato da circa 6 milioni di persone stimate nel mondo, il veneto (spesso erroneamente descritto come dialetto) è infatti una delle 32 lingue presenti in Italia ufficialmente riconosciute a rischio d'estinzione dall'Unesco, che la annovera nel cosiddetto Atlante delle lingue del mondo in pericolo. Nonostante ciò, a livello giuridico la lingua veneta è attualmente riconosciuta solo dalle regioni Veneto e Friuli Venezia-Giulia e dalla città brasiliana di Serafina Corrêa, dove è lingua coufficiale nella sua variante talian o veneto-brasiliano, mentre nessun riconoscimento nazionale è mai giunto dallo Stato italiano, che ad oggi riconosce solo 12 delle 32 minoranze linguistiche del paese.

Un'azione di revitalizzazione linguistica non senza pecedenti quella del medico/sindaco trevigiano, che già la scorsa settimana aveva approvato ufficialmente i certificati di nascita trilingui - in italiano, inglese e veneto - da consegnare ai nuovi nati nel territorio comunale, ma che ha contribuito a far storcere il naso ai funzionari dell'Ordine dei Medici ed alle associazioni dei consumatori.

Intervistato dal quotidiano La Tribuna di Treviso, il presidente della locale sezione dell'Ordine dei Medici Luigino Guarini ha infatti bocciato l'idea, avanzando dubbi di tipo deontologico: "Se ci dovesse pervenire una segnalazione da parte di un cittadino che lamenta un problema legato a questa questione lo prenderemo in considerazione dal punto di vista deontologico. Rimane l’aspetto amministrativo, considerato che se la ricetta è stata fatta e consegnata al paziente su un ricettario dell’Usl, c’è un ufficio convenzioni dell’azienda, che fa capo alla Regione Veneto, che avrà il compito di valutare la questione". L'Ordine fa inoltre sapere di star seguendo con attenzione la vicenda, aggiungendo che in ogni caso l'argomento verrà discusso nel prossimo consiglio dell’Ordine dei medici di Treviso.

Contrari all'iniziativa anche l'Associazione Difesa Consumatori (Adico), il cui presidente Carlo Garofolini ha dichiarato:"Non è scrivendo le ricette in dialetto che si risolvono i problemi della sanità, è solo un modo per far parlare di sé. La medicina deve andare avanti, non tornare indietro di secoli." - aggiungendo - "I problemi della sanità sono le lunghe liste d’attesa, il fatto che per alcuni servizi i cittadini devono rivolgersi ai privati: se ritiene che scrivere in veneto possa risolvere questi problemi, le scriva anche in ostrogoto. Rimango dell’idea che i problemi sono altri".

Dalla parte di Riccardo Szumski si schierano invece i farmacisti veneti, che avendo quotidianamente a che fare con ricette mediche in tante lingue diverse si dicono pronti nel confrontarsi con quelle che per giunta sono scritte nella loro lingua madre, come spiega anche il presidente dell'Ordine dei farmacisti della provincia di Treviso Giuseppe Losego: "La nostra professione ci permette di evadere ricette da tutto il mondo, per cui non ci saranno problemi." - precisando - "Il farmacista non avrà alcun problema se il principio attivo è chiaro se necessario. Come nella prassi quotidiana, ci interfacceremo con i colleghi medici per ogni chiarimento necessario a risolvere i problemi del paziente".

Lo stesso Szumski, sempre a La Tribuna di Treviso, ci tiene a replicare a coloro che criticano questa sua azione in difesa della lingua veneta, portando come esempio la soddisfazione dei suoi stessi pazienti: "Sapete che c’è? I miei pazienti sono contenti proprio così.

Ripeto che se in farmacia hanno bisogno della traduzione mi possono chiamare quando vogliono e se qualcuno poi dei pazienti non capisce sono a disposizione, posso scrivere la ricetta anche in inglese o in italiano". A prescindere da come andrà a finire la vicenda, per ora rimane la certezza di come il vecchio luogo comune del "dialetto" come sinonimo d'ignoranza sia ancora duro a morire.

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