"Vaccinare tutti i fragili. Dopo, via le restrizioni"

Lo pneumologo del Cts: "Cosi ai giovani, ma non solo. Per gli over 60 usiamo la chiamata attiva"

"Vaccinare tutti i fragili. Dopo, via le restrizioni"

«In ospedale oramai i pazienti Covid che richiedono il ricovero sono soltanto i non vaccinati». Luca Richeldi membro del Comitato Tecnico Scientifico e professore delle Malattie dell'Apparato Respiratorio presso il Policlinico universitario Gemelli di Roma, evidenzia come la vaccinazione delle categorie più fragili abbia drasticamente ridotto casi gravi e decessi. Per Richeldi però non è ancora il momento di allentare completamente la presa perché sono troppe le persone più esposte al rischio di forme gravi ancora scoperte.


Professore, l'Italia sta progressivamente entrando in zona bianca e si alleggeriscono le misure restrittive: si corre il rischio di commettere gli stessi errori dello scorso anno?


«Se confrontiamo oggi con lo stesso periodo dell'anno scorso apparentemente siamo in una situazione simile dal punto di vista dei contagi e della circolazione del virus. Non possiamo però non tenere conto dei progressi della campagna vaccinale. Rispetto al coronavirus oramai abbiamo un dato stabile: a morire sono soprattutto le persone al di sopra degli 80 anni mentre sono esposti alle forme più gravi con esiti anche fatali le persone con più di 60 anni. Purtroppo una discreta quota di questa popolazione ancora non è protetta e per loro gli allentamenti rappresentano un fattore di rischio».


Dunque è sbagliato allargare le maglie rispetto al numero dei commensali?


«Gli assembramenti vanno evitati perché moltiplicano le occasioni di contagio. È una questione statistica, un calcolo delle probabilità: più persone rappresentano una più alta probabilità di contagio».


Quindi sarebbe meglio aspettare?


«Allora, se pensiamo alla situazione dalla quale siamo usciti che ci è costata pesantissimi sacrifici, direi che quello che oggi viene richiesto è accettabile. Direi che questo è un costo che possiamo pagare: non credo faccia una differenza enorme sedersi in 4 o in 6 o in 8. Aspettare però non deve essere una scelta fine a se stessa, non va bene aspettare tanto per aspettare. Queste settimane devono essere utilizzate al meglio per proteggere la fetta di anziani scoperta, si tratta di un 15 per cento delle popolazione con più di 60 anni. La protezione di questa parte di popolazione deve restare l'obiettivo prioritario».


Ora però la campagna vaccinale ha aperto a tutti a partire dai 12 anni: progressivamente le regioni chiuderanno con le fasce d'età e le categorie


«Giustissimo vaccinare i giovani, ma ho paura che questa scelta possa distogliere dall'obiettivo. Dare il vaccino ai giovani è facile: sono loro ad accorrere negli hub, nelle farmacie e dai medici di famiglia. Così come è stato facile vaccinare gli operatori sanitari. Ma non vorrei ci facessimo abbagliare dai numeri in crescita delle somministrazioni. Si rischia di accantonare, di dimenticare quella quota di fragili non protetta molto più difficile da raggiungere».


Il commissario all'emergenza, Francesco Paolo Figliuolo, ha chiesto alle regioni di andare a caccia della popolazione scoperta con la «chiamata attiva», chiedendo di sottoporsi alla profilassi.


«Occorre anche la vaccinazione attiva: si vadano a scovare uno per uno tutti i fragili non protettim quelli che una volta contagiati rischiano le forme gravi. In questa categoria alcune regioni sono troppo indietro».


Quali ad esempio?


«In Sicilia il 30 per cento della popolazione tra 70 e 79 anni è ancora completamente scoperto e il 40 per cento di quella tra i 60 e i 69 non ha ricevuto ancora la prima dose».


Che cosa ci aspetta dopo l'estate?


«In autunno ci sarà un incremento dei contagi. Se aumenta la circolazione virale si dovrà intervenire capillarmente sul territorio proseguendo le vaccinazioni e potenziando le cure. Bisogna impedire che il virus riprenda a circolare perché con una diffusione sostenuta aumenta il rischio varianti: gli stati devono prendere provvedimenti affinché non si ripetano gli stessi errori».


Le varianti rappresentano ancora un pericolo?


«Al momento nessuna variante desta preoccupazione: l'efficacia del vaccino impedisce i decessi.

Sarebbe giusto che le varianti fossero battezzate con i nome dei capi di Stato che non sono intervenuti subito favorendone la diffusione: la variante inglese dovrebbe chiamarsi Johnson, quella brasiliana Bolsonaro e l'indiana come il primo ministro Modi».

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