Non è una gara. L'idea che la crescita di un Paese ne impoverisca altri è una panzana, messa in giro da chi vuole giustificare la propria decrescita «infelice» adducendo il motivo etico che altri vogliano stare meglio. Lo sviluppo della Cina non sottrae crescita agli altri, ma anzi l'aiuta. A patto che ci siano i giusti equilibri, per non favorire un'economia a discapito di altre, come la guerra dei dazi di Trump ha fatto emergere, e a patto che i Paesi ricchi non si impoveriscano adagiandosi sui consumi low cost.
Era naturale che la Cina fosse destinata a superare gli Usa, contando su una popolazione quattro volte più numerosa, che ancora tanta strada deve fare. Come reddito pro-capite, i 1.400 milioni di cinesi producono in media 10.000 dollari, contro i 62.000 dei 330 milioni di americani. La crescita cinese è figlia del Wto, che ha aperto le porte dei mercati occidentali alle sue esportazioni, facendola diventare la manifattura dell'Occidente. Alla base c'è però il rigoroso controllo statale sull'economia e sulla società. Per citare solo un elemento, la politica del figlio unico dal 1979 al 2016 ha forzato la decrescita demografia, allargando la «pancia» degli adulti 25-64 anni a sfavore dei giovani. Adesso c'è un'abbondanza di forza lavoro che fra 20/30 anni si sentirà sul carico pensionistico. A quel punto, i tanti lavoratori saranno vecchi e bisognosi di una pensione che i pochi giovani dovranno pagare.
Il sorpasso dell'economia cinese su quella americana è il fatto eclatante di un fenomeno più generale. La globalizzazione ha favorito lo sviluppo di Paesi molto popolosi, che stanno scalando la classifica. Nelle proiezioni al 2024 di Banca Mondiale e Fmi le democrazie sviluppate cedono il passo a Cina, India, Indonesia, Russia e Brasile: sistemi capitalisti ma non liberali. La sfida al capitalismo non viene più dall'economia, come il socialismo nel secolo scorso, ma dalla politica illiberale, autoritaria e dirigista. Pare che una popolazione più controllata e un indirizzo economico imposto dall'alto producano più ricchezza, rispetto alle nostre democrazie in cui le forze del mercato vanno dove gli pare e sono i cittadini a tenere in scacco la politica, non il contrario. Quando il benessere arriva questo modello ha buon gioco, sicuramente. Poi, quando ci si abitua alla vita comoda, si vedrà se avrà portato con sé pure una crescita culturale dell'individuo, nel senso di libertà sociale e democrazia liberale. Però, questo resta il loro problema. Il nostro è come riuscire a mantenere e aumentare la ricchezza prodotta, senza dover rinunciare alla più grande conquista sociale che l'uomo abbia mai raggiunto: la libertà di espressione e di aggregazione. Tuttavia la notizia di questi giorni non è il sorpasso, quanto la sua anticipazione, grazie al Covid. L'economia mondiale arretrerà del 4,4%: mai così dal Dopoguerra. Ma questa è una guerra e non serve chiedersi chi l'abbia scatenata, chi abbia ucciso l'arciduca Ferdinando o invaso la Polonia. È roba da storici. I politici devono solo guardare agli schieramenti in campo.
Non v'è dubbio che quello cinese approfitterà in ogni modo della debolezza degli occidentali, per occupare posizioni economiche. Non sono cattivi, fanno solo i loro interessi. La domanda è: noi, stiamo facendo i nostri?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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