Ecco la verità sull'acqua e il vino allungato

Parla il presidente dell'Associazione Italiana Sommelier Antonello Maietta

Ecco la verità sull'acqua e il vino allungato

“Un secondo solo che sposto uno scatolone” è impegnato in un trasloco importante il presidente dell’Associazione Italiana Sommelier Antonello Maietta. La casa in questione però non è la sua, ma quella degli oltre 60.000 sommelier AIS disseminati in circa 160 ramificazioni territoriali in tutta Italia più diverse realtà all’estero. Infatti è quasi pronta la nuova sede nazionale dei tastevin a due passi dalla stazione ferroviaria di Milano Lambrate. “Ma per questa bufala del vino con l’acqua mi fermo volentieri qualche minuto, perché davvero non se ne può più”, dice Maietta.

Presidente Maietta, quindi non è vero che l’Unione Europea vuole diluire con l’acqua i vini italiani?

“Ma quando mai! Mica l’Unione Europea è costituita da un manipolo di folli!”

Cos’è successo allora?

“Si è fatto molto clamore intorno a una semplice discussione, in sede di comitato agricoltura della UE, sulla possibilità di aggiungere acqua esclusivamente ai vini che sono stati dealcolizzati, evidenziandolo naturalmente in etichetta. L’obiettivo di questa pratica è quello di ripristinare il volume originario ed evitare gli squilibri dettati dalla concentrazione delle altre componenti, una volta eliminato o ridotto l’alcol. Da qui, con un ardito salto interpretativo, la notizia in Italia si è trasformata nella visione di un futuro inesistente nel quale il vino potrà essere allungato con l’acqua”.

Cosa sono i vini dealcolizzati?

“Le definizioni di ‘vino dealcolizzato’ e di ‘vino parzialmente dealcolizzato’ fanno riferimento a prodotti con una presenza di alcol non superiore allo 0,5 per cento nel primo caso, oppure compreso tra lo 0,5 e il 9 per cento di alcol nel secondo. Ma è bene ricordare che in Italia queste due categorie non sono ammesse”.

Ma allora l’Unione Europea su cosa è intervenuta esattamente?

“Non si tratta di prodotti nuovi, bensì già presenti nella legislazione UE fin dal 2009 con le regole appena menzionate, ma scontano un vuoto normativo che ha consentito agli Stati membri di utilizzare definizioni diverse. Proprio per evitare questa disparità è emersa la necessità di regolamentarli”.

Il mercato dealcolizzato in Italia non incontra i gusti del pubblico?

“L’Italia è un paese di riconosciuta tradizione e vocazione vitivinicola, per questo motivo c’è sempre stata molta prudenza, se non addirittura parecchia diffidenza nei confronti di questi prodotti. Prova ne sia il fatto che da noi il processo è consentito solo per i vini generici - quindi escludendo le categorie Igt, Doc e Docg - nella misura massima del 20 per cento, a patto che il contenuto in alcol successivo all’intervento non sia inferiore ai 9 gradi”.

Arabia Saudita, Indonesia e altri Paesi: il mondo islamico può costituire in prospettiva un mercato interessante per i prodotti dealcolizzati?

“Non sono pochi i produttori, anche in Italia, che intravedono delle ottime opportunità di penetrazione in quei mercati. Tuttavia la prospettiva va considerata come un’opzione alternativa ai vini tradizionali e non come una strategia per sostituirli”.

L’Associazione Italiana Sommelier tratta dei prodotti dealcolizzati nei suoi coirsi didattici o nei suoi eventi?

“Per il momento no, ma considerando il clamore suscitato dalla questione, probabilmente inseriremo l’argomento almeno sotto il profilo della legislazione collegata. Del resto il Sommelier, in quanto professionista di sala, è in grado di proporre anche altre bevande oltre al vino, come ad esempio birre, acque minerali, infusi e tisane”.

La parola “vino” non rischia di essere snaturata con prodotti e mercati così diversi tra loro?

"Il rischio indubbiamente esiste, ma l’importante è la chiarezza del messaggio, dove la parola vino non deve prestare il fianco a interpretazioni troppo estensive, soprattutto agli occhi del consumatore meno esperto”.

Il gusto dealcolizzato non rischia di distonizzare i palati dei consumatori?

“Il consumatore deve essere messo sempre in condizione di poter scegliere, occorre pertanto analizzare la sua propensione verso queste tipologie, senza dimenticare che l’apprezzamento crescente nei confronti del vino non deriva esclusivamente dalla tecnica produttiva, ma soprattutto dai richiami al territorio, ai

vitigni che vi si coltivano, alle mani che ne plasmano la qualità. In questo contesto in Italia siamo imbattibili”. Ci si saluta con un brindisi. Nel calice, naturalmente, un sano e classico vino italiano. Senza se e senza ma.

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