"Leghisti in piazza? Mi rifiuto...". L'ira di Zaia

Il governatore del Veneto: "Un conto è discutere sull'obbligatorietà dei vaccini come fa Salvini. Ma c'è chi dice che il virus non esiste"

"Leghisti in piazza? Mi rifiuto...". L'ira di Zaia

Vaccini, tamponi e green pass. Migliaia di persone, nei giorni scorsi, sono scese in piazza per protestare contro alcune delle misure adottate dal Governo. Dopo Torino, è toccato ad altre 30 città italiane, tra cui Roma, ospitare la marcia delle persone contrarie al documento che certifica l'avvenuta vaccinazione contro il Covid-19. "Non mi meraviglia che ci sia chi la pensa diversamente da me - ha commentato il governatore del Veneto, Luca Zaia, intervistato dal Corriere della Sera sul tema dei vaccini e delle manifestazioni - ma ci sono due elementi da sottolineare. Primo, i toni, che devono rimanere accettabili. Secondo, non può passare lo stigma e la messa in mora di chi la pensa diversamente e fa il suo lavoro". Il governatore cita Martin Luther King, secondo cui la libertà di ognuno finisce quando inizia quella degli altri: "Il confronto e la libertà sono il sale della democrazia- spiega Zaia- La stella polare della mia vita è la frase che attribuiscono a Voltaire: 'Non sono d'accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire'".

Lo scorso mercoledì, in piazza a Roma c'erano anche alcuni esponenti della Lega, il cui pensiero si discosta da quello di Zaia che, al Corriere della Sera ha commentato così la presenza dei due compagni di partito: "Ci sta che qualcuno non la pensi come te. Detto questo, non mi risulta che il partito abbia deciso di rinnegare l'attività dei propri amministratori, presidenti e sindaci. Un discorso è discutere legittimamente sull'obbligatorietà, come fa il segretario Salvini. Altra cosa è farsi portatori di una linea in cui io assolutamente non mi identifico. E mi rifiuto di pensare che sia quella del partito". Ma le divergenze di opinioni sono riconosciute, dato che la Lega è un "partito di composizione sociale e culturale variegata".

Parlando dei no vax e dei complottisti, il governatore ricorda che "c'è ancora chi dice che il virus non esiste e che è un complotto". E a nulla serve la dimostrazione del calo dei contagi dovuto alla campagna vaccinale. "Se inventassero oggi la penicillina- provoca Zaia- avremmo i social pieni di gente che dice che una muffa non se la inietta". In questo clima di diffidenza risulta "sempre più difficile compiere il proprio ruolo istituzionale. Siamo passati da una sanità pubblica che faceva le profilassi a scuola a un punto in cui è difficile fare un tampone perché veniamo accusati di infilare microchip nel naso dei bambini. Fare quello che abbiamo il dovere di fare sta diventando un problema". Ma di fronte a una pandemia mondiale, il senso di responsabilità verso il prossimo è enorme: "Bisognerebbe fare squadra - incalza Zaia- Altrimenti la pandemia si trasforma in guerra civile o, peggio, in guerra tra poveri. Noi abbiamo il dovere di evitarlo e di discutere".

Ma invocando la libertà a sproposito si rischia di perdere "il minimo senso del bene comune. Oggi - conclude il governatore del Veneto- riguarda i vaccini, domani qualunque scelta di sanità pubblica".

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