Osteria del Mirasole, tortellini memorabili

Nel locale di San Giovanni in Persiceto, alle porte di Bologna, celebrato come una delle migliori trattorie d’Italia, lo chef e patròn Franco Cimini propone una versione opulenta del classico piatto della domenica emiliana, con la panna d’affioramento del caseificio della famiglia della moglie Anna. Ma tutto il locale è su livelli notevoli, anche se i prezzi non sono proprio da osteria

Osteria del Mirasole, tortellini memorabili

Ci sono locali che si identificano con un piatto. È questo il caso dell'Osteria del Mirasole a San Giovanni in Persiceto, alle porte di Bologna, dove lo chef e fondatore Franco Cimini cucina con orgoglio da molti anni i tortellini alla panna d’affioramento, un piatto che definire di famiglia non è retorica. È stato portato in eredità al locale dalla moglie di Cimini, Anna Caretti, che viene da una famiglia di mastri casari da più di un secolo e che diventa l’omaggio a una tradizione domestica e a un intero patrimonio di sapienze contadine dell’Emilia. I Tortellini alla panna d’affioramento nascono dalla pratica di utilizzare la panna affiorata dal latte munto la sera e messo a riposo fino al mattino dopo per essere impiegato nella produzione del Parmigiano Reggiano – che faceva parte della retribuzione dei casari con altri prodotti - come condimento del piatto della domenica. Cimini ha lavorato a lungo sulla storia e sulla tecnica di questo piatto al fine di riprodurne il sapore ancestrale, caldo e fasciante, estremamente godurioso e al contempo atavico. Che i clienti apprezzano a tal punto da aver spinto Cimini a produrne una versione da asporto, che viene venduta sia nel ristorante sia nello shop online al prezzo di 85 euro (un chilo di tortellini e una busta sottovuoto di panna da affioramento).

Ma sarebbe ingeneroso ridurre l’Osteria del Mirasole a un solo piatto, per quanto paradisiaco. Se il locale di Franco e Anna è considerato una delle migliori osterie d’Italia (tre gamberi del Gambero Rosso, e primo posto nella lista delle trattorie e dei bistrò di 50 Top Italy) è perché è un luogo di assoluta eccellenza nella sua categoria ed è sempre pieno malgrado i prezzi non da osteria tradizionale: 85 e 95 i due menu degustazione, un conto medio di una settantina di euro per un antipasto, un primo e un secondo. Cimini lo inaugurò nel 1989 quando, appena ventiduenne, diede seguito all’idea di creare un localino dal sapore di un tempo, che si ispirasse al locale storico che aveva sede pochi metri più avanti tra le due guerre mondiali. Poi l’arrivo nella sua vita e nel locale di Anna ha costituito il verso salto in avanti del Mirasole, che può così contare sui prodotti che arrivano dall’azienda agricola della sua famiglia.

Il locale è senza dubbio rustico e caldo e induce all’abbraccio interiore. I soffitti sono a cassettone, i muri sono ricoperti di perlinato e nella parte alta zeppi di quadri e fotografie storiche, decine di oggetti e di arnesi agricoli raccolti nel corso di decenni ingombrano gli spazi, le mensole, gli scaffali, dando un senso di tinello chic. L’apparecchiatura è però da buon ristorante, tovaglia bianca e piatti da servizio della nonna, bicchieri da vino impeccabili. Il servizio, affidato alla stessa Anna e all’esuberante Riccardo, è sorridente ma sbrigativo e si avverte la mancanza di una spiegazione un po’ più accurata dei piatti e di qualche parola in più. Se si ordinano vini al calice il bicchiere viene riempito generosamente, cosa che fa piacere all’avventore ma indica un’attitudine piuttosto rustica, se si ordina una bottiglia non sempre sarà il cameriere a provvedere al successivo riempimento dei bicchieri vuoti. Piccole mancanze perdonabili se si guarda all’atmosfera, meno emendabili se si guarda allo scontrino.

La cucina è di ottimo livello. Se come me ordini il menu da 85 euro ti vedrai recapitare al tavolo, in un tegamino rovente, una cipolla dorata al forno ripiena di fegatini, magnifica se non fosse per la pelle dell’ortaggio, lasciata al naturale e quindi da scartare con un’operazione che richiede una perizia non per tutti; i tortellini di cui sopra, giustamente autocelebrati con un fogliettino che ti spiega per filo e per segno la genesi del piatto; le tagliatelle al ragù di cortile, altro piatto iconico di Cimini, che sottolinea come sia sempre differente, “perché l’aia è ogni giorno diversa” e che aggiunge nel finale le ovarine, le uova embrionali che legano il tutto; poi in un unico servizio che riempie il tavolo eccoti le polpettine di vitello e mortadella con piselli novelli (buone), il collo reale di vacca vecchia (buonissimo), la cicoria aglio e olio (Buona) e le patate cotte nello strutto (e come fanno a essere cattive?). Per dolce il Latte ristretto al caramello, di rispettabili dimensioni, a concludere un percorso per stomaci mediomassimi.

L’altro menu, per 95 euro, attorno al totem tortellini, propone mortadella riserva al coltello, culatello con pane al fuoco e burro, la cotoletta alla bolognese di costola di vitella, purè di patate e Gelato di crema all’aceto balsamico tradizionale. Il resto del menu propone tanti altri piatti: mi limiterò a segnalare quelli che ho visto ordinare dai tavoli vicini: e quindi la carne cruda battuta, il midollo di vitello, le lasagne verdi all’antica, la faraona alla cenere e il tegamino di galletto.

Cestino del pane non all’altezza del resto. Carta dei vini con tanto territorio (e quindi Lambrusco di varie tipologie, Pignoletto, Albana, Sangiovese, anzi Sanzvès, e qualche taglio internazionale) a prezzi questi sì onestissimi.

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