Difficile se non impossibile schematizzare, sintetizzare, incasellare la cultura sudafricana. Sin dal primo impatto ci si trova dinnanzi a una società multirazziale: il tentativo di definire precisi sottogruppi sulla base del colore della pelle servirà solamente a mettervi nei pasticci. Per esempio chi ha antenati afrikaner non sarà molto contento di essere confuso con un discendente dei coloni inglesi, e viceversa. Anche all'interno delle culture nere tradizionali esistono alcuni raggruppamenti maggiori e svariati gruppi minori. Nelle aree urbane la mescolanza di elementi diversi ha come conseguenza il fatto che le vecchie culture tradizionali stanno scomparendo per essere rimpiazzate da nuove forme di sincretismo. Nelle zone rurali, invece, le tradizioni dei neri sono invece ancora molto forti.
Spiriti e forze soprannaturali Tutte le culture tradizionali si basano sulla credenza in una divinità maschile, negli spiriti degli antenati e nell'esistenza di forze soprannaturali. La poligamia è concessa e in genere la famiglia dello sposo versa una dote ai genitori della sposa come rimborso per la perdita della figlia. I bovini ricoprono un ruolo importante in molte culture sia come simbolo di ricchezza sia come animali sacrificali. L'arte delle popolazioni indigene del Sudafrica può essere uno dei pochi strumenti con cui entrare in contatto con culture ormai scomparse. Un esempio in tal senso è offerto dai dipinti rupestri realizzati dai san (boscimani) che in alcuni casi risalgono a 26mila anni fa. In altre situazioni, come per esempio nel caso dei lavori in perline degli zulu, che racchiudono un messaggio "in codice", l'arte tradizionale si è adattata per sopravvivere in ambienti diversi.
Le arti tradizionali La cultura degli zulu è una delle più forti fra le culture nere che ancora sopravvivono in Sudafrica e una delle sue più efficaci manifestazioni è offerta dai cori di massa che essi intonano ai raduni del partito Inkatha. Gli xhosa sono un altro gruppo caratterizzato da una forte identità culturale: essi sono noti in genere come "popolo rosso" perché quasi tutti gli adulti indossano abiti di questo colore. Gli ndebele vivono nel Transvaal settentrionale in case dipinte in modo caratteristico. La cultura degli afrikaner si è sviluppata in uno stato di isolamento volontario che li vide vagare in compagnia della Bibbia e dei propri armenti mentre l'Europa del diciottesimo secolo sperimentava la democrazia e il pensiero liberale. Al giorno d'oggi le comunità rurali ruotano ancora attorno ai templi della Chiesa Riformata Olandese di orientamento conservatore, ma questo non significa che tutti gli afrikaner siano razzisti.
L'influenza anglosassone sul Sudafrica Se si escludono gli afrikaner, la maggioranza dei bianchi che vivono in Sudafrica è di origine inglese. Queste persone hanno un tasso di urbanizzazione superiore rispetto agli afrikaner e da tempo dominano la scena commerciale e finanziaria del paese. Gli afrikaner ritengono che l'interesse degli inglesi per il Sudafrica sia molto meno intenso del loro e hanno un simpatico termine per indicare le persone che hanno un piede in Africa e uno in Inghilterra: soutpiel ovvero "opportunista". In Sudafrica sono presenti anche una cospicua e influente comunità ebraica e una consistente minoranza di origine indiana. Il Sudafrica ospita molte culture diverse, gran parte delle quali vennero soppresse durante il periodo dell'apartheid quando la pratica quotidiana delle culture tradizionali e contemporanee venne ignorata, banalizzata o annichilita. Nella società sudafricana si poteva finire in prigione per il possesso di un dipinto considerato di contenuto politico vietato e per questo motivo la vera arte dovette operare nella clandestinità, e nel frattempo la banalità imperava nelle gallerie e nei teatri. L'esempio più lampante dell'atteggiamento oscurantista del governo sudafricano fu l'abbattimento di District Six, una vivace zona multietnica di Città del Capo, e di Sophiatown a Johannesburg, un'area descritta come "uno scheletro con un sogghigno stampato sul volto" dove molti artisti destinati a conquistare la fama internazionale mossero i primi passi.
L'arte nelle township Gruppi musicali come i Ladysmith Black Mambazo sono riusciti a far conoscere le sonorità sudafricane a un vasto pubblico occidentale sia durante sia dopo l'apartheid. Uno degli aspetti più eccitanti del nuovo Sudafrica è costituito dal fatto che il paese sta in pratica reinventando se stesso e che questa creazione di una nuova immagine avviene senza grossi interventi da parte di image maker professionisti, poiché gran parte della popolazione si trova in una posizione marginale rispetto alle principali attività economiche. Il nuovo Sudafrica sta nascendo nelle strade delle township e delle città. Negli anni trenta una nuova generazione di scrittori boeri (tra cui Van Wyk Louw, Krige ed Eybers) iniziarono ad allargare i propri orizzonti e trattare temi di carattere più universale. Durante l'apartheid, parte della letteratura boera si pone in posizioni di antagonismo rispetto al governo e al segregazionismo (per esempio Opperman, Breytenbach e Brink). Le culture aborigene delle etnie bantu comprendono anch'esse una propria letteratura, tramandata oralmente da generazioni. In tempi recenti le forme letterarie occidentali sono state acquisite anche dai neri; importanti scrittori di origine bantu sono per esempio lo xhosa Jordan e lo zulu Dhlomo. Di etnia bantu è anche Mphahlele, a cui si deve una delle principali opere della letteratura sudafricana moderna, The African Image (1962).
Due premi Nobel La letteratura in lingua inglese è piuttosto tarda e si sviluppa appieno solo nel XX secolo. Essa è caratterizzata dall'approfondimento sociale, dall'opposizione ai boeri, dalla visione romanticheggiante dell'Africa. La principale autrice sudafricana in lingua inglese è certamente Nadine Gordimer, vincitrice nel 1991 del premio Nobel per la letteratura (nella foto). Il secondo Nobel invece va nel 2003 a John Maxwell Coetzee: scrittore e saggista sudafricano estremamente eterogeneo, celebre per i suoi testi di fiction, critica e per le numerose attività accademiche che lo hanno visto impegnato come professore, linguista e traduttore. Cetzee è uno dei maggiori esponenti del postmodernismo e postcolonialismo del XX secolo.
Le pietanze tradizionali La colpa delle scarse attrattive della cucina sudafricana deve essere attribuita in gran parte agli inglesi. Pietanze abituali sono le bistecche o le salsicce boerwors, le verdure troppo cotte e le patate fritte e gli eventuali tentativi di offrire qualcosa di meno scontato in genere hanno risultati agghiaccianti. I vegetariani non se la passeranno molto bene.
Le specialità africane in genere non si trovano nei ristoranti, ma è possibile acquistare a buon mercato un piatto di riso e stufato dai chioschi che si trovano per le strade di quasi tutte le città. La birra e il brandy sono bevande molto popolari e gli ottimi vini sudafricani stanno diventando sempre più diffusi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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