Alighiero Boetti allo studio Giangaleazzo Visconti di Milano

Lo Studio Giangaleazzo Visconti di Milano rende omaggio a questo strordinario artista di fama internazionale mostrando al pubblico 36 opere realizzate negli ultimi trent'anni di attività

L'ecletticità di Alighiero Boetti, sta a sviluppare una poetica singolare e versatile, molto attuale in quanti l'artista ha saputo cogliere la complessità del mondo contemporaneo superando anche le barriere di un universo culturale che oggi sembra essersi chiuso dentro confini insormontabili, come quelli dell'Afganistan, dove Boetti ha vissuto e realizzato molti dei suoi lavori e dove ha tratto una certa tecnica legata all'intreccio e alla tessitura che è ormai entrata a fare parte del suo universo pittorico.

Lo Studio Giangaleazzo Visconti di Milano, fino al 22 marzo ha voluto rendere omaggio a questo strordinario artista di fama internazionale mostrando al pubblico 36 opere realizzate negli ultimi trent'anni di attività, nelle quali, il tratto e il disegno, nonchè il colore, dimostrano come siano diventati la base della ricerca dell'artista torinese (1940-1994); tutti elementi che spaziano dai disegni ai ricami, dai collage alle matite su carta, ai grandi acquarelli del cielo, dai lavori postali alle biro fino agli arazzi che sono diventati ormai la sua icona più riconosciubile.

"Alighiero e Boetti" è il titolo della mostra che si tiene in Corso Monforte al 23 a MIlano, un tempo studio di Lucio Fontana (vi è ancora conservato il suo lavoratorio con i materiali che servivano a comporre le sue opere: cocci, pezzi di vetro, strumenti affilati che servivano a tagliare le sue celebri tele), e questa e di congiunzione tra Alichiero e Boetti sta a indicare proprio come si firmava lo stesso artista in nome della sua ecletticità, un'arte che ha anticipato a distanza di anni il dibattito tra identità e alterità.

"Alighiero - affermava lo stesso Boetti - è la parte più infantile, più estrema che domina le cose familiari. Alighiero è il modo in cui mi chiamano e mi nominano le persone che conosco. Boetti è astratto, appunto, perchè il cognome rientra nella categoria, mentre il nome è unico, il cognome è già una categoria, una classifica. Questa è una cosa che riguarda tutti. Il nome da certe sensazioni di familiarità, di conoscenza, di intimità. Boetti, per il solo fatto di essere un cognome, è un'astrazione è già un concetto".

Forse il maestro italiano più importante degli ultimi 50 anni, il cui lavoro ha influenzato artisti e giovani che hanno iniziato a operare tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio dei Novanta e che è stato di recente celebrato con un'importante retrospettiva al Reina Sofia di Madrid, alla Tate Modern di Londra e al MoMA di New York si può dire che anche in periodi di crisi la sua quotazione non è mai scesa e che l'arte, se prendiamo questo caso, come anche un Fontana, si può ancora dire che sia un'investimento.

Nelle sale milanesi il percorso espositivo va dalle opere storiche come la Tela con il disegno mimetica del 1967, ai Lavori postali degli anni Settanta; una serie di buste affrancate, messe le une accanto alle altre, manche quelel realizzate con la biro con la quale scriveva uan complessa e fitta texute, cioè un sistema di trasposizione delle parole in immagini, "con la segreta speranza che un giorno troverò quella che disegnerà se stessa". Parole di Boetti. Tra i lavori più interessanti in mostra spiccano gli "Arazzi" degli anni Ottanta che l'artista faceva realizzare in Afganistan, ricchi di colori e di frasi che sceglieva personalmente per poi farle ricamare. "Scrivere con la sinistra - era solito dire - è disegnare. Le mie scritture sono tutte fatte con la sinistra, una mano che non sa scrivere (una punta di sofferenza fisica), ma scrivere è un gran piacere. Ci sono parole che uccidono, parole che fanno un male tremendo, parole come sassi, parole leggerissime, parole reali come in numeti. Ma se vuoi veramente qualcosa mettilo per scritto". Tutte riflessioni che portarono Boetti e firmarsi Alighiero e Boetti in una forma sempre più complessa. Dove inizia l'arte e termina la filosofia? Certo è che dalla metà degli anni Sessanta Boetti esordisce alla Galleria Stein di Torino dove presenta delle sculture con materiali industriali, stupendo subito pubblico e critica. Autodidatta, dopo avere abbandonato gòi studi di Economia, si interessa alle culture orientali e alle sue filosofie. Concetti, serialità, ripetitività, concetti non tradizionali mettono in discussione l'arte contemporanea. Il lavoro "Gemelli" del 1968 stabiliscono quale sia la sua mentalità e la certezza di un nostro "doppio". Anche le riproduzioni a matita delle copertine dei periodici di informazione danno spunto a Boetti per il ciclo "Immagine e somiglianza". Negli anni Novanta arrivano gli "Arazzi" di avrie dimensioni denominati "Tutto dove". Nel 1993 in un'opera collettiva all'Accademia d'Arte francese "Alternando da uno a cento e viceversa" fa ricamare tutto da donne afgane.

Un anno dopo arriva il commiato, un autoritratto in bronzo nell'atto di raffreddarsi innaffiandosi la testa". Muore a Roma nel 1994. Tra le sue opere più belle in mostra "Mappe", vere e proprie carte geografiche, mappamondi piani lavoratio con estrama fantasia e impegno.

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