Il «cacciatore di tesori» ha colpito ancora. Guido Gay, l'ultrasettantenne ingegnere italo-svizzero che nel 2012 individuò il relitto della corazzata Roma affondata il 9 settembre del 1943 nel golfo dell'Asinara, ha fatto un'altra scoperta, stavolta importante dal punto di vista archeologico: su un fondale al largo del golfo della Spezia ha trovato una imbarcazione romana da trasporto del secondo secolo avanti Cristo che doveva misurare una quindicina di metri in lunghezza e una decina in larghezza. Il relitto, che si trova a una profondità di circa 500 metri a 20 miglia a sud dell'isola del Tino, contiene centinaia di anfore e testimonia i floridi traffici marinari che oltre due millenni fa si svolgevano fra Roma, che all'epoca era già la città più ricca e potente del Mediterraneo occidentale, e la Spagna e la Francia, lungo rotte in linea di massima costiere.
Gay non è nuovo a ritrovamenti nei fondali circondano il Tino e la vicina Palmaria, l'isola che «protegge» Porto Venere dal mare aperto. Due anni fa a 17 miglia a sud del Tino, scoprì a circa 400 metri di profondità un altro relitto romano del IV-III secolo avanti Cristo con migliaia di anfore. «Molte, però, purtroppo erano state ridotte in frammenti. Ma questa volta, per fortuna - spiega Gay -, il sito è meglio conservato e spero che così rimanga». Il cacciatore di tesori, infatti, ha un grande timore, adesso che la scoperta è stata resa nota. «Quelle anfore - dice - sono un habitat ideale per i gamberi e così, diventano luogo prediletto per i pescherecci e le loro reti a strascico, che possono arrivare anche fino a quella profondità». Per salvaguardare il tesoro ritrovato, la Soprintendenza per i beni archeologici della Liguria, ha interessato la capitaneria di porto della Spezia, che ha emesso un'ordinanza che vieta la pesca a strascico e qualsiasi attività subacquea, nella zona interessata.
La scoperta è avvenuta il 22 giugno scorso ma la notizia è stata pubblicata solo oggi dal quotidiano La Nazione.
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