Chiude il premio Pen. E l'intellighenzia tace

Senza soldi e vittima dei giochi politici, muore la manifestazione che tutela la libertà d’espressione. Nel silenzio degli scrittori

Chiude il premio Pen. E l'intellighenzia tace

Ecco un’altra straordinaria prova di coraggio da parte del mondo della cultura. Che quando c’è di mezzo la difesa della libertà d’espressione è capa­ce di reagire in maniera unita e compatta. Col silenzio e l’indifferenza.

Col silenzio e l’indifferenza scrittori, po­litici e giornali hanno reagito di fronte al­l’improvviso stop del premio letterario PEN Club,che da vent’anni si tiene nel ca­stello di Compiano, nella provincia di Par­ma. Anzi, si teneva.

Istituito nel 1991 dal PEN Club Italiano, l’associazione di poeti, saggisti, narratori (Poets, Essayist, Novelists) che ha lo scopo di tutelare i diritti e la libertà d’espressio­ne degli scrittori nel mondo, il premio que­st’anno non ci sarà: sospeso per mancan­za di soldi, per assenza delle istituzioni, per miopia degli sponsor, per disinteresse dei media, per passività degli intellettuali. «Il PEN è un’istituzione simbolo in tutti i Paesi democratici. In Italia una delle sue più visibili espressioni è il premio lettera­rio, che da quest’anno però è congelato: l’anno scorso il comune di Compiano si è rifiutato di confermare la convenzione che da anni regola i rapporti con il PEN so­ste­nendo che non c’è più la copertura eco­nomica», spiega Lucio Lami, giornalista, presidente onorario del PEN e fondatore del Premio che fino al 2011 era ospitato da Compiano e che per questo riceveva aiuti dalla Provincia di Parma, dalla Regione Emilia Romagna e da altri sponsor come Cariparma (mentre il PEN era sponsoriz­zato, per le spese organizza­tive dalla Unione Parmense degli Industriali). E già l’edi­zione dello scorso settem­bre, mese in cui cade il pre­mio, era stata pesantemen­te ridotta: solo una giornata contro le tre tradizionali (vinse Simonetta Agnello Hornby), e niente mostra d’arte che accompagna la manifestazione. E il prossi­mo settembre niente del tut­to.

Le casse degli enti pubbli­ci sono semivuote, e ovunque i primi tagli colpiscono la cultura. Però Lucio Lami, abituato dal giornalismo a non cedere da­vanti ai silenzi, ha cercato nuovi interlocu­tori altrove. Prima a Felino, sede del famoso castello, da anni nelle mani di un priva­to, che poteva diventare un ottimo sponsor. Ma ha tro­vato un ostacolo in Vincen­zo Bernazzoli, presidente della Provincia di Parma e candidato sindaco, che esi­geva, per ragioni politiche che il premio restasse da si­nistrato a Compiano. Poi Bernazzoli ha avuto altro a cui pensare dopo la sconfit­ta subita dai grillini. Il risultato è che nessuno ora parla più del premio: non Compiano, rassegnato, non Provincia e Regione, in altri problemi affaccendati, non l’Unione Industriali le­gata a Bernazzoli, non la Gazzetta di Par­ma , legata all’Unione Parmense degli In­dustriali, che pure ogni anno dedicava pa­gine intere al Premio. E così Lami ha iniziato il giro delle sette chiese per cercare nuova ospitalità, an­che fuori “ casa”:in Franciacorta,ad esem­pio, «ma senza risposta». E anche a Mila­no che pur essendo la capitale editoriale d’Italia, Bagutta a parte, non ospita alcun premio. «Ho contatto il sindaco Pisapia at­traverso l’economista Marco Vitale, ma non ci sono state reazioni».

Così come ­ma in Italia può succedere - non ci sono state reazioni da parte degli intellettuali. «Dove sono finiti tutti i 120 premiati a Compiano nella storia del PEN? - si chie­de Lami - .

In questi vent’anni, senza in­trupparci in Premiopoli, abbiamo ricono­sciuto il meglio della cultura italiana con­temporanea, da Tabucchi a Magris, da Giovanni Sartori ad Arbasino, abbiamo dato spazio a scrittori, poeti e artisti. Pre­miando il merito letterario, non le promo­zioni editoriali. Dove sono finti gli intellet­tuali?». Già, dove?

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