Morto Csatáry, l'ultimo criminale della Shoah

Latitante per decenni. Doveva essere (ri)processato a breve per la deportazione di 15mila ebrei

Morto Csatáry, l'ultimo criminale della Shoah

Si chiude senza una sentenza definitiva una delle vicende più controverse della Shoah. Una delle poche rimaste ancora aperte a quasi settant'anni dalla fine della Seconda guerra mondiale.

Domenica infatti è morto a 98 anni, in un ospedale di Budapest, uno dei presunti criminali di guerra nazista più ricercati al mondo, László Csizsik-Csatáry.
Sino a pochi giorni Csatáry era agli arresti domiciliari nella sua casa, sempre nella capitale ungherese, in attesa del processo, aperto solo due mesi fa, per complicità nella deportazione nei campi di sterminio nazisti di più di 15mila ebrei del ghetto di Kosice, attualmente situata in Slovacchia.

Il decesso è avvenuto per polmonite, come ha precisato il legale dell'ex comandante della polizia reale ungherese. Proprio in veste di questo ruolo Csatáry, nel 1944, aveva cooperato al rastrellamento degli ebrei che si trovavano nella città di Kosice (che allora si chiamava Kassa ed era sotto amministrazione ungherese). La maggior parte di loro venne deportata ad Auschwitz. Ma non solo, Csatáry avrebbe svolto anche una serie di violenze dirette all'interno di un campo di lavoro forzato organizzato in loco. Subito dopo la guerra venne condannato a morte in contumacia da un tribunale Cecoslovacco. Ma all'epoca si era già rifugiato in Canada dove pare sia rimasto per moltissimi anni svolgendo la professione di mercante d'arte. Nel 1995 le autorità canadesi avevano scoperto la sua identità e lui, allora, era scappato in Ungheria, dove ha vissuto liberamente fino al suo arresto. Solo nel 2011 il centro Simon Wiesenthal, che aveva Csatáry in cima alla lista dei suoi ricercati, è riuscito a localizzarlo e ha subito allertato le autorità locali che hanno provveduto al fermo nel 2012. Nel frattempo il tribunale di Kosice ha commutato, ad aprile 2013, la pena di morte, comminata nel '48 e ormai abolita, in un ergastolo. Questo aveva aperto una possibilità che Bratislava potesse ottenere l'estradizione da Budapest.

Con la morte però l'ex ufficiale di polizia è riuscito paradossalmente a sfuggire ancora una volta alla giustizia, come ha fatto per tutta la sua vita dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Ovvia la profonda delusione espressa dal direttore del Centro Wiesenthal di Gerusalemme, Efraim Zuroff: «È una vergogna» che Csatáry abbia eluso con la morte la giustizia e che abbia vissuto in Ungheria per più di dieci anni fino a che la sua collocazione è stata rivelata alle autorità magiare dal Centro Wiesenthal. Eppure il peso reale del ruolo di Csatáry nella vicenda di Kosice non è mai stata completamente chiarita. L'ex ufficiale si è sempre dichiarato innocente. Anche alcuni storici hanno messo in dubbio il suo effettivo ruolo di comando e il senso di una caccia così lunga. A esempio, lo storico ungherese László Karsai, esperto di Shoah e figlio di uno dei sopravvissuti ai campi nazisti, aveva così commentato l'arresto: «Csatáry era un pesce piccolo.

Io potrei nominare duemila persone responsabili di crimini molto peggiori dei suoi. I soldi spesi per dare la caccia a persone come lui sarebbero spesi molto meglio per combattere la propaganda di chi oggi nega l'entità dell'Olocausto».

Ma ora queste questioni resteranno tutte irrisolte.

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