La scrittrice contro il #politicamentecorretto: "Porto in scena il sesso"

L'autrice, attrice, Chiara Becchimanzi sfida il politicamente corretto con un libro sul sesso dove gli organi genitali sono eroticamente e ironicamente al centro di una bizzara (forse realistica) teoria delle compatibilità

La scrittrice contro il #politicamentecorretto: "Porto in scena il sesso"

Un po' manuale, un po' viaggio introspettivo, un po' pièce teatrale. Il romanzo erotico-comico di Chiara Becchimanzi, "A ciascuna il suo", è un match (per usare una parola che ricorre spesso nel libro) di cose che incuriosisce, fa riflettere, fa dubitare e fa pure ridere. È la storia di due millennials (ops, 30enni) precarie ma indipendenti, i cui racconti di sesso e sentimenti finiscono per riunirsi e fondersi. Il tutto in nome di una bizzarra teoria degli abbinamenti sessuali (e non solo).

A tratti realistico a tratti surreale, il libro scivola via tra le storie di decine di personaggi paralleli e di organi femminili che "si credono animali" che "vanno cercando alberi (peni)". Con tanto di illustrazioni a chiudere il cerchio (o a dare un senso all’immaginazione, chissà). È un'overdose di sesso di tutti i tipi e per tutti i gusti con richiami al cinema, alla musica, all'arte, alla letteratura. Un concentrato di "roba" che, vien da sé, non poteva esser partorito in poco tempo. E infatti: "Ci ho messo forse un anno a pensare all’impianto e a ragionare come impostarlo (interviste, pezzi di spettacolo etc), invece la scrittura mi ha preso qualche mese”. Perché se le cose si fanno, "famole" bene. E a ben pensarci mai detto fu più appropriato, perché oltre al libro Chiara ha creato un sito, un podcast e sta progettando addirittura una app "che ti fa riconoscere il pene adatto a te. Un’idea divertente come il libro game degli anni ’90". Una visione, insomma.

Come mai ha scritto un libro così "spinto", quando al giorno d'oggi non si può più dire nulla? Un libro dove le parole pene e vulva sono declinate in tutte le loro possibili forme...

"In effetti, il politicamente corretto oggi è una spada di Damocle sulla testa. In realtà l’ho scritto per due motivi. Io prima di essere autrice, sono un'attrice monologhista e nei miei spettacoli a teatro porto avanti il tema della sessualità, del rapporto con il partner, e come questi siano sovra-strutturati di tabù, come crediamo di andare avanti e invece siamo ancora indietro. Ho voluto provare a mettere su carta il materiale degli spettacoli arricchito dalla reazione del pubblico. Dall'altra, parlando del romanzo "50 sfumature di grigio" nei miei monologhi teatrali, mi sono accorta che non esiste un libro erotico moderno, che restituisca l'erotismo femminile disincantato, senza cliché. Il fatto che questo tipo di romanzo non ci fosse, erotico – comico soprattutto, un libro che restituisse anche un po' di poesia alla cosa, mi ha fatto dire sai che c'è: "Mi butto". E materiale ce n'era tra i miei disastri sentimentali e le vicende realmente accadute ad amiche e conoscenti. Mi sono sentita spinta dall'urgenza di gridare la libertà erotica, femminile e maschile, di un'intera generazione e di comunità che ha ancora il tabù forte rispetto al sesso. Per questo non si gode la vita quanto potrebbe perché lo considera una parte della quale non si può parlare".

Che reazioni hanno avuto i lettori a tanto erotismo?

"Per la verità è piaciuto molto. Ho ricevuto però qualche feedback di imbarazzo. Alcuni uomini, soprattutto boomer (nati tra il '45 e '65), mi hanno detto che si sono imbarazzati molto a leggere certi passaggi erotici. Questo sta nel gioco, ma sono stati molto delicati. Alcuni mi hanno restituito un'immagine di un femminismo che non colpevolizza i maschi. Il commento che mi è piaciuto di più, invece, è stato: 'Sembra di stare ad una serata tra amiche'. E si sono sentite libere di dirmi cosa pensavano o cosa mancasse".

In nome del politicamente corretto si è chiesta se poteva usare un * o "sua(o)" nel titolo?

"Mi sono posta questa domanda. Però ho pensato che sarebbe stato troppo complesso da far arrivare. Mi piaceva parafrasare il titolo di Sciascia ("A ciascuno il suo", ndr), trasformando la sua "o" in "a". Questa sarebbe stata già una provocazione, perché tutto parte dalla vulva, questa grande sconosciuta della nostra epoca! Se però fosse stato possibile avrei voluto utilizzare la "ae". Non escludo che in una riedizione possa cambiarlo. In tutti gli spettacoli io includo sempre tutto e tutti e le declinazioni, sono politicamente corretta perché mi sento esclusa da chi non lo fa".

A ciascuna il suo di Chiara Becchimanzi

Come è nato; quanto ci è voluto a scriverlo, le illustrazioni erano già una parte del libro o l'idea le è venuta durante la stesura?

"Sulla tempistica un anno per elaborarlo, pochi mesi per scriverlo perché quanto parto, vado. Raccoglie un bel po' di me ("A tutti coloro che si tormenteranno nel dubbio di essere passati dalle mie lenzuola alla pagina scritta", scrive Chiara nella prefazione) oltre a racconti ed esperienze di amiche e conoscenti che ho intervistato e ascoltato. Per quanto riguarda le illustrazioni, avevo pensato ad un libro illustrato da subito. L'idea viene dal film "Contro l’ordine divino", ma le immagini erano fredde, anatomiche, e con l’aiuto di Ilaria Palleschi, un’illustratrice di Latina, abbiamo adattato le vulve agli animali rendendole fumettistiche e pop. Applicabile poi anche ai peni-alberi, anche se è stato più difficile ma in realtà ci siamo divertite a fare un fumettone dell’immaginario erotico del pene".

Perché un uomo dovrebbe leggere "A ciascuna il suo"?

"È un libro soprattutto per gli uomini, è un libro che dovrebbero leggere più gli uomini che le donne! Perché per le donne è come uno specchio, ma in realtà è un libro per tutti e tutte. Nelle interviste e nelle sinossi ho raddoppiato il titolo per l’uomo e la donna per questo. Però in realtà è un libro in cui ci sono tanto gli uomini e non sono nemici, ma sono parte dello stesso percorso".

Questo libro sembra offrire risposte, ma forse sono spunti di riflessione...

"Credo di aver innescato dei meccanismi che ci portano a guardare le cose da un'altra prospettiva. Ognuno è incastrato in una situazione ricorrente nelle relazioni (chi sempre con uomini che hanno già relazioni, chi con uomini che si appoggiano a te, altre solo con uomini che le trattano male etc.). Il mantra del libro invece è "cambia prospettiva, fai una cosa che non hai mai fatto prima". Per esempio, scegli un uomo solo per l’abbinamento... sessuale".

Due donne raccontate nel libro pensano ai possibili abbinamenti femminili in nome dell’amore omosessuale. Può esserci un proseguo in quest’ottica?

"Non ho indagato la parte della sessualità fluida e omosessuale perché io sono abituata a parlare bene solo delle cose che conosco bene. Ma ce l’ho in testa di allargare la questione, avevo pensato ad un sequel - un secondo libro che indagasse l’altra metà dei cieli - poi c'è stata la pandemia e tutto ha preso un'altra piega".

Ecco, appunto. Ai tempi del Covid: il contatto fisico vs il distanziamento sociale. Bel problema...

"Il romanzo è uscito a gennaio 2020, quindi è uscito ed è scoppiata la pandemia. Questa è stata una mazzata psicologica, perché il libro per me è stato come un parto, ma capisco che il rapporto con la sessualità è cambiato con il Covid. Ho amiche che hanno rimorchiato al supermercato davanti alla verza. Capisci? Un’allegoria del nostro tempo: "Che fai la lasci la verza ai tempi del lockdown?”. E dopo esserci stata a letto ha avuto la febbre! Ci sono tante adolescenti che mi hanno detto: "Ho 17 anni e questo sarebbe stato l’anno della scoperta sessuale e invece mi manca un pezzo. Divento maggiorenne e non so bene come, perché". Ecco questo ci deve far riflettere".

Invece i millennials, come dice lei, sono afflitti dalla "precarietà affettiva"...

"Sì, sempre facendo riferimento a.C (prima del Covid) e d.C. (dopo il Covid) la mia generazione è colpita dalla precarietà: niente casa, niente lavoro fisso, niente pensione, niente relazioni stabili. Questo fa attrito con l’ideale dell’amore con cui siamo cresciuti, quello duraturo dei genitori insieme da una vita. Come associ il tuo ideale con la vita precaria? Ovvio che si crea un cortocircuito, che è divertente per carità, ma faticoso".

Cosa pensa delle polemiche sul catcalling e del video di Grillo?

"Penso che viviamo in una cultura patriarcale e maschilista e il video di Grillo, per andare a bomba, è l’espressione di questa retorica, la stessa che minimizza il catcalling. Il giudizio contro le donne riguarda non solo l’uomo, ma anche le donne contro le donne. 'Non ti vestire con la gonna, così non ti fischiano', si sente dire sia dagli uomini che dalle donne. Quindi è difficile spiegare a uno/a che non lo ha vissuto cosa si prova ad attraversare un capannello di uomini in mezzo alla strada. Quegli sguardi danno una sensazione lontana da chi non l’ha provata.

Il catcalling non è condannato all’unanimità proprio per la mancanza di empatia rispetto a quell’invadenza che alcune possono apprezzare, essere indifferenti, o vederla come violenza. Una cultura la nostra che giudica sempre il corpo degli altri, vedi il body shaming. Sai che mi fa ridere in tutto questo? Che non abbiamo parole italiane per tutto questo. Bisognerebbe trovarne una".

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