Sul pianeta Urania c'è ancora vita

A ottobre la celebre collana di fantascienza compie 60 anni. E continua a inventare il nostro futuro

Sul pianeta Urania c'è ancora vita

Nel 2012 cadono i 60 anni dell'apparizione ufficiale della fantascienza in Italia. Quasi una vita, per un genere letterario che ha caratterizzato il '900 e che in Italia ha preso strade tutte sue.

E così, nel 1952, l'anno che vide l'esplosione della bomba H, Eisenhower eletto presidente, il primo robot teleguidato, l'uscita di La valle dell'Eden di Steinbeck e de Il visconte dimezzato di Calvino, la vittoria di Coppi al Giro e al Tour, nelle nostre edicole appare, a ottobre, la collana di piccolo formato «I romanzi di Urania». Iniziava una nuova epoca.
Il mercato italiano di letteratura popolare apriva le porte a un genere nuovo, non classificato, e sin dalla fine dell'800 definito come romanzi «straordinari» (a partire da Verne), «meravigliosi», «del futuro» e così via. Adesso aveva un nome preciso: la «fanta-scienza» (col trattino). Era il modo con cui Giorgio Monicelli aveva pensato di tradurre il termine inglese science-fiction, cioè narrativa a sfondo scientifico. Accanto alle storie poliziesche (i gialli, dal colore della copertina della collana degli anni Trenta), avventurose, d'amore, di cappa e spada, adesso la Mondadori allineava anche questa narrativa che apriva l'immaginazione sul meraviglioso scientifico e tecnologico: «avventure nel tempo e nello spazio» specificava il curatore in copertina.

Ma chi era Giorgio Monicelli (1910-68)? Figlio del giornalista e scrittore Tomaso, era anche nipote di Arnaldo Mondadori al quale, già nel 1950, come ricorda un ex redattore della collana, Marzio Tosello nel suo intervento in Cartografia dell'Inferno. Cinquanta anni di fantascienza in Italia (Elara, 2012), propose di importare dagli Usa la science-fiction e di creare una rivista che pubblicasse racconti e articoli di divulgazione. Mondadori puntò invece sui romanzi così come già faceva per la collana dei «Gialli» ma anche per altre come «I romanzi della palma» o in precedenza «I romanzi di cappa e spada». All'inizio però si decise un compromesso: il 10 e il 20 del mese sarebbero usciti «I romanzi di Urania», mentre all'inizio del mese «Urania», che era poi la veste cui aveva pensato Monicelli: racconti, articoli, posta dei lettori, curiosità, ispirandosi alle americane Galaxy, Amazing, Astounding. Questa seconda formula non incontrò il favore del pubblico e chiuse dopo 14 fascicoli. «I romanzi di Urania» (poi solo «Urania» a partire dal 1957), attraverso varie trasformazioni di formato, copertina e periodicità, sono giunti sino a oggi con il numero 1586 con cui si festeggia l'anniversario e si muta veste esteriore.
Per la verità, qualche mese prima, aprile '52, era apparsa la prima vera testata del genere, Scienza Fantastica, anch'essa sotto forma di rivista. Ma anch'essa durò poco: sette fascicoli sino a gennaio '53. I lettori italiani preferirono da subito la narrativa lunga.

L'idea di Monicelli giungeva nel nostro Paese quando la science-fiction negli Usa veniva pubblicata dal 1926. La collana italiana poteva quindi attingere a un quarto di secolo di pubblicazioni, romanzi e storie brevi delle riviste, cioè quanto di meglio vi poteva essere, tanto è vero che quel periodo fra gli anni Trenta e i Cinquanta è noto come la Golden Age della fantascienza. Sul primo numero de «I romanzi di Urania» campeggiava un'astronave fusiforme e una città chiusa in una cupola trasparente. Era la prima copertina di Kurt Caesar. Le sabbie di Marte di Arthur C. Clarke fu il primo romanzo di «fantascienza» che gli italiani lessero. Era in realtà un'opera scritta per i ragazzi, appassionante e scientificamente divulgativa, come altre che la seguiranno, il che potrebbe far pensare che quello fosse il pubblico esclusivo cui il nuovo genere si rivolgeva.

Ma non era così, perché la fantascienza non appassionò soltanto i giovani degli anni '50 e fu utilissima a preparare il terreno psicologico per quel che avvenne di lì a poco.
Infatti, appena cinque anni dopo, quando già erano apparse altre effimere collane sulla scia di quella mondadoriana («Galassia», «Fantascienza» e altre), nell'ottobre 1957 alcuni dei sogni fantascientifici presero corpo: venne lanciato il primo satellite artificiale della Terra, lo Sputnik sovietico, seguito, all'inizio del 1958, dall'Explorer americano. I ragazzi e gli adulti di allora se ne entusiasmarono, soprattutto quelli che avevano già viaggiato con le ali della fantasia grazie ai «Romanzi di Urania».

Inoltre, dal settembre '58, un mese prima del lancio del satellite russo, trovarono in edicola un'altra singolare rivista, Oltre il Celo, dedicata sia all'astronautica che alla fantascienza, che li avrebbe accompagnati in questa avventura per oltre un decennio.

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