La curia di Milano contrattacca: «Nessun abuso è stato coperto»

La Curia di Milano «non ha in nessun modo coperto i presunti abusi o ostacolato le indagini». Lo scrive in un comunicato la diocesi ambrosiana in risposta all’articolo pubblicato ieri dal Giornale con il racconto del padre di una bambina che ha dichiarato di aver subito abusi da parte di un prete salesiano. La Curia scrive che il sacerdote indagato «appartiene a una Congregazione religiosa e non ha incarichi diocesani. Interpellata dalla Procura di Milano nel settembre 2008 a proposito di questo caso, la Curia ha provveduto a indirizzare gli inquirenti ai salesiani, ordine religioso di competenza».
Alle parole della diocesi fa eco l’ispettore dei salesiani di Milano, don Agostino Sosio, il quale respinge l’accusa di aver coperto o insabbiato la vicenda, si mostra molto dubbioso sulla fondatezza dell’accusa, dicendosi invece «convinto dell’innocenza» del confratello. Don Sosio rivela anche di «avere rigettato la richiesta di denaro da parte del padre della presunta vittima preferendo difendere in tribunale l’innocenza del sacerdote. È stata talmente trasparente e collaborativa la nostra azione che il prete è di sua iniziativa rientrato dall’estero per mettersi a disposizione degli inquirenti».
Sugli scandali della pedofilia e sugli attacchi contro il Papa è intervenuto anche l’arcivescovo emerito di Milano, il cardinale Carlo Maria Martini, intervistato dal mensile 30Giorni. «Il Papa – ha detto l’arcivescovo emerito di Milano – non ha bisogno di essere difeso, perché a tutti è chiara la sua irreprensibilità, il suo senso del dovere e la sua volontà di fare del bene. Le accuse lanciate contro di lui in questi giorni sono ignobili e false. Sarà bello constatare la compattezza di tutti gli uomini di buona volontà nello stare con lui e nel sostenerlo nel suo difficile compito». Martini afferma che di fronte a queste drammatiche vicende la Chiesa deve soprattutto acquisire «umiltà», e che l’ostilità nei suoi confronti può persino essere utile in quanto dimostra «l’inermità» della Chiesa stessa. Ma ricorda anche le parole di Gesù: «Ci sono state azioni gravi, e chi ha scandalizzato i piccoli, sarebbe meglio per lui che gli fosse messa una macina da mulino al collo e fosse gettato nel mare».
«Questo non toglie – continua – che si registri anche una grande ipocrisia. C’è una totale libertà sessuale, la pubblicità utilizza motivi sessuali anche per i bambini».
L’arcivescovo emerito di Milano, rispondendo a una domanda sui richiami contenuti nella recente lettera papale ai cattolici d’Irlanda, nella quale si suggerivano penitenze, preghiere e ricorso alla confessione per affrontare la crisi, ha aggiunto: «Queste cose valgono per le comunità in cui sono avvenuti questi casi come valgono per tutta la Chiesa. Ma per i protagonisti di questi casi, dove c’è una perversione e una compulsione interna, ci vuole anche l’intervento degli psicoterapeuti. Si tratta di capire il perché di queste compulsioni, e come è possibile dominarle, e gli altri mezzi non entrano in questo aspetto specifico». Martini ha infine ricordato che «la Chiesa, considerata nella sua globalità, è piena di santità e di forza interiore. La stampa si accanisce su episodi particolari ma in tutto il mondo c’è tanta gente leale, buona, devota, che opera senza rumore».
Allo scandalo ha accennato anche il predicatore della Casa pontificia, padre Raniero Cantalamessa, nell’omelia tenuta ieri pomeriggio alla presenza del Papa durante la liturgia della Passione. Cantalamessa, dopo aver detto che quest’anno cattolici ed ebrei celebrano la Pasqua nella stessa settimana, ha ricordato come gli ebrei sappiano «per esperienza cosa significa essere vittime della violenza collettiva e anche per questo sono pronti a riconoscerne i sintomi ricorrenti».
«Ho ricevuto in questi giorni – ha continuato – la lettera di un amico ebreo e, con il suo permesso, ne condivido qui una parte. Dice: “Sto seguendo con disgusto l’attacco violento e concentrico contro la Chiesa, il Papa e tutti i fedeli da parte del mondo intero. L’uso dello stereotipo, il passaggio dalla responsabilità e colpa personale a quella collettiva mi ricordano gli aspetti più vergognosi dell’antisemitismo”».
Una citazione che ha suscitato forti reazioni nel mondo ebraico. Il segretario generale degli ebrei tedeschi, Stephan Kramer, l’ha definita «ripugnante. Il Vaticano sta tentando di trasformare i persecutori in vittime». E il rabbino statunitense Gary Greenebaum ha parlato, per le parole di Cantalamessa, di «un uso sfortunato del linguaggio. La violenza di cui si parla qui non ha condotto alla morte di 6 milioni di persone». Getta acqua sul fuoco il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi: «Smentisco nel modo più assoluto che ci sia un paragone d’iniziativa vaticana tra l’antisemitismo e la situazione attuale relativa alla pedofilia.

La citazione del predicatore pontificio voleva anzi essere la testimonianza dell’amicizia con cui un ebreo, ricordando la situazione di sofferenza del suo popolo, intendeva portare un messaggio di solidarietà alla Chiesa».

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