D’Alema a Karzai: «Hanefi colpevole? Dateci subito le prove o scarceratelo»

Al summit dei ministri degli Esteri in primo piano le divergenze tra occidentali e Russia sia sul Kosovo che sul Darfur

Più che una riunione dei ministri degli Esteri, sembra la valvola di sfogo di tutte le tensioni internazionali. L’incontro dei ministri degli esteri del G8 a Potsdam invece di preparare il clima in vista del summit del 6-8 giugno a Heiligendamm, rischia di arroventarlo. Su ogni discussione - dal Darfur, al Medio Oriente al Kosovo - aleggia lo scontro tra la Russia da una parte e gli Stati Uniti e i Paesi occidentali dall’altra. Il presidente statunitense George W. Bush chiede sanzioni contro il Sudan per il Darfur e la Russia traccheggia sicura di poter contare sul “no” della Cina al Consiglio di Sicurezza. Sul Kosovo quasi scontato l’appoggio a Belgrado della “grande madre” russa per bloccare l’indipendenza del Kosovo. La questione nucleare iraniana potrebbe, invece, dividere anche l’Occidente. Soprattutto se il responsabile della politica estera dell’Unione, lo spagnolo Javier Solana, riterrà - dopo l’incontro di oggi a Madrid con il negoziatore iraniano Alì Larijani - di aver trovato i margini per un compromesso e chiederà agli Stati Uniti il rinvio di nuove sanzioni.
Per Massimo D’Alema il vertice è l’occasione per riaprire con l’Afghanistan del presidente Hamid Karzai la questione di Rahmatullah Hanefi, il coordinatore afghano di Emergency accusato di aver giocato un ruolo poco chiaro nel sequestro di Daniele Mastrogiacomo, l’inviato di Repubblica. «Se ci sono prove della validità dell’arresto gli afghani devono esibirle nelle prossime ore, oppure dovrà essere scarcerato», ha detto il ministro dopo un incontro con l’omologo afghano Rangin Dafaor Spanta.
Intervenendo sul Kosovo D’Alema difende la necessità di aprire ai serbi e di evitare scontri al Consiglio di Sicurezza. «Occorre dare una prospettiva non solo ai kosovari, ma anche ai serbi... Occorre costruire una soluzione in grado di parlare ai due popoli».
Le posizioni di D’Alema sulla costituzione di un tribunale internazionale per giudicare i colpevoli dell’assassinio dell’ex premier libanese Rafik Hariri e lo scontro israelo-palestinese appaiono, invece, assai fuori linea rispetto a quelle del blocco occidentale. Sulla Corte internazionale per l’omicidio Hariri il ministro degli Esteri suggerisce una soluzione negoziata con la Siria. Esattamente l’opposto di quanto pretendono Washington, Londra e Parigi pronte a presentare al Consiglio di Sicurezza una mozione per la costituzione del tribunale anche senza la ratifica del Parlamento libanese, presieduto e controllato dal filosiriano Nabih Berri.
Sul fronte israelo-palestinese, D’Alema rilancia l’idea dell’invio a Gaza di una forza di pace internazionale, sotto l’egida dell’Onu. La proposta, oltre a dover fare i conti con l’opposizione d’Israele, deve fronteggiare l’ostilità dell’Amministrazione statunitense orientata su tutt’altre proposte negoziali.

Ma D’Alema difende il proprio «irrealismo» politico citando il «successo» della missione Unifil in Libano. Proprio quel successo riconosciuto, a suo dire, anche dai ministri del G8, farebbe apparire «meno irrealistica» l’idea di una missione di pace per Gaza.

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