D’Alema: «Una rete in meno a Mediaset»

Prodi: separare servizio pubblico e parte commerciale. Fassino: va cambiato il meccanismo dei tetti pubblicitari

Luca Telese

da Roma

Cosa accadrebbe sul piccolo schermo, se fosse Romano Prodi a dettare le regole? «Si separerebbe il servizio pubblico della Rai dalla parte commerciale». E Massimo D'Alema, cosa propone? «Togliere una rete alla Rai e una a Mediaset». Silvio Berlusconi, invece, difende la legge Gasparri e considera l'ipotesi «una nuova volontà vendicativa nei confronti del nemico Berlusconi». Con il solito tempismo, le anticipazioni del prossimo libro di Bruno Vespa arrivano sui media in contemporanea con le notizie. A volte offrendo già in se stesse la notizia e il dibattito sul tema del giorno. Così, ieri, a una settimana dall’uscita del suo Vincitori e vinti (Eri Rai) Vespa ha animato sulle agenzie un dibattito preconfezionato, un «Quattro salti in padella» mediatico, il confronto virtuale fra i leader di centrodestra e centrosinistra che tutti sognano. Nelle paginette sapientemente anticipate, per la prima volta, i leader dell’Unione dicono la loro sul tema più rovente della campagna elettorale.
Le ricette del Professore. «La legge Gasparri - spiega Prodi a Vespa anticipando il programma di governo - va rivista profondamente. Ovviamente, come tutte le leggi che disciplinano fatti così complessi, vi sono articoli che devono essere conservati. Il meccanismo concorrenziale, soprattutto quello che riguarda sia il controllo di mercato nei singoli media sia l'incrocio fra giornali e televisioni, deve essere profondamente rivisto». «Rai e Mediaset potranno conservare il numero attuale di reti?», chiede il giornalista. «Ovviamente - risponde Prodi - nel mercato televisivo vi è un problema di antitrust. Gli eccessi di concentrazione vanno evitati in ogni campo, ma, come dicono tutti gli esperti, il settore è così delicato che richiede un'attenzione particolare. In ogni caso, voglio una concorrenza effettiva con un effettivo pluralismo». Alla domanda se questo comporterà anche la privatizzazione della Rai Prodi risponde con un altro sì: «Occorrerà distinguere il servizio pubblico dalla parte commerciale». Già ma come? «Le linee generali le ho già delineate più volte. Come tradurle in progetti legislativi specifici lo decideremo a suo tempo». Per la Rai meglio un padrone pubblico o privato? Replica del Professore: «Insistiamo sul sostantivo (pluralismo) e non sull'aggettivo (pubblico o privato). Anche se io avessi soggetti pubblici in concorrenza, ci sarebbe un pluralismo delle voci che oggi non ritengo essere presente nell'informazione».
D’Alema e la Gasparri. Ancora più netto il giudizio del presidente dei Ds, che non ha dubbi: «La Gasparri - dice Massimo D'Alema - è una legge sbagliata». E aggiunge: «Si basa sul presupposto fasullo che il digitale terrestre avrebbe sconvolto il mercato televisivo. Questo non è accaduto e si dimostra anzi che, fino a quando perdurerà il duopolio Rai-Mediaset, saranno proprio questi due gruppi a espandersi anche nel digitale. Si rafforza chi ha la posizione dominante. La legge perpetua una condizione di chiusura del mercato televisivo». Anche perché il nodo secondo lui è un altro: «La chiave di volta del sistema - osserva D’Alema - è il controllo delle risorse pubblicitarie. Mediaset ha una posizione dominante perché la Rai ha le mani legate. Perciò si perpetua una posizione anomala. Io penso che la strada maestra sia una privatizzazione parziale della Rai, una riduzione del peso di Mediaset e una maggiore apertura al mercato. Il servizio pubblico va ridotto in quantità e migliorato in qualità. Limitando il peso di Rai e Mediaset a due reti, si apre il mercato a nuovi protagonisti».
Le riserve di Fassino. Contro la Gasparri anche il segretario dei Ds Piero Fassino: «Non favorisce il pluralismo imprenditoriale e culturale, ma la concentrazione in pochi oligopoli e, in particolare, la posizione dominante di Mediaset. La legge va modificata per favorire il maggior numero di soggetti e tenere conto delle dinamiche che produrrà la diffusione del digitale. Certamente va cambiata la parte sui tetti pubblicitari, oggi funzionale solo alle esigenze Mediaset». Insomma, se c’è un tema su cui i leader dell’Unione concordano è il ridimensionamento dei canali di Berlusconi. Ovvio che il Cavaliere non ci stia: «Questa legge era indispensabile - ribatte nel libro -. Il digitale terrestre ha moltiplicato per cinque i canali televisivi e c'era bisogno di una normativa che regolamentasse il fenomeno. Finora avevamo un numero limitato di reti. La nuova legge ha aperto il mercato a una vasta concorrenza. Oggi, a livello locale agiscono 630 tv private e nel settore della televisione nazionale si sono inseriti due soggetti, la Sky di Murdoch e Telecom (La7), che ogni anno producono utili superiori al fatturato di Mediaset e di Rai.

I nuovi canali digitali saranno gestiti da una pluralità di soggetti e garantiranno ogni tipo di contenuto». La riprova? «Tutti gli editori di carta stampata possono accedere finalmente al mercato televisivo, e infatti - conclude Berlusconi - il gruppo Espresso ha subito acquisito Rete A».

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