Dai costumi al costume al cinema

Dai costumi al costume al cinema

Ore 12.30 di mercoledì 22 agosto. Con molta poca fiducia di avere successo tentiamo il numero di telefono della Comunità montana Alta Val Trebbia. Cerchiamo il vice presidente Federico Marenco e il miracolo accade. Ad alzare la cornetta del telefono è proprio lui. «Gli uffici sono chiusi - spiega quasi imbarazzato - ma sono passato a leggere alcune carte...».
E così eccolo, l’ex baby sindaco di Montebruno, per giustificare la sua presenza lì, in prima linea, in una giornata che invita alla pennichella, a citare l’«otium et negotium» dei latini, a spiegare che in fondo le ferie sono solo un rallentamento dell’attività lavorativa, che confessa di essersi comunque invaghito di un libro dal titolo che è tutto un programma, il «Manuale di siestologia» di Frederic Ploton secondo il quale la saggezza vien dormendo.
Sarà. Ma al sonno Federico Marenco sembra non aver dedicato poi tutto questo tempo se si pensa che all’età di 32 anni ha già alle spalle due mandati come sindaco a Montebruno ed oggi riveste la carica di vice presidente della Comunità montana. Lui che vanta un record non ancora superato: sindaco a solo vent’anni di età. «Cavour lo divenne a 23» dice laconico senza aggiungere altro. Ma i suoi estimatori ci tengono molto a far notare come Cavour venne «nominato» sindaco da re Carlo Alberto, mentre Marenco fu «eletto» con un suffragio popolare diretto.
I fatti, a distanza di anni, sembrano proprio voler dare ragione agli elettori per questo giovane votato alla causa politica che in poche manciate di anni ne ha fatte di cotte e di crude, in senso positivo naturalmente. «E tutto - afferma orgoglioso Marenco - per questa terra che amo moltissimo, Montebruno, tutta la Val Trebbia, questo splendido parco urbano a mezz’ora di macchina da Genova che pur mantiene una sua precisa identità culturale di tradizioni tutta la valorizzare». Un uomo della terra, con forti radici: «Mia nonna Elvira è nata quassù il 10 settembre del 1910. Mia figlia Irene Elvira ha visto la luce 10 settembre del 2002. Potrei mai distaccarmi da qui?».
Per ora nessuno glielo chiede davvero, anche se la domanda sporge spontanea. Dopo due mandati come sindaco, dal 2005 vice presidente della Comunità montana Alta Val Trebbia, cosa attende Federico Marenco? «Sono un fatalista e il futuro non mi fa paura. Fare politica mi piace, ma esistono tante variabili e poi voglio porre al centro di tutto la mia libertà personale». Ma quando poi si discorre del fatto che la Val Trebbia ha tra i suoi personaggi illustri Paolo Emilio Taviani e Claudio Burlando, allora ci scappa la risata e la considerazione che un domani, da qui, potrebbe arrivare il terzo ministro.
Anche senza «tanta» nomina, comunque, Marenco conosce già molto bene le prime pagine dei giornali. E non solo oggi con le iniziative che va promuovendo a favore della sua valle (l’ultima in ordine di tempo l’«Orto della parola», ma poi c’è anche la vecchia corriera del poeta Giorgio Caproni che lungo la Statale discorre di gusto, poesia, pagine di storia e civiltà contadina e i set cinematografici) ma già dagli albori della sua carriera politica. Un sorta di Giamburrasca, con la maturità classica prima («la prof. di matematica Maria Teresa Poggi, attuale consigliere provinciale dell’Ulivo, mi dava sempre 3 e facevo impazzire la mia preside, una certa Marta Vincenzi») e la laurea in giurisprudenza poi, che con spirito provocatorio si è «divertito» a scuotere il sonnacchioso sistema politico, anche nazionale. Ecco alcune «prodezze». È il ’98 quando infuria la moda dei sindaci di firmare ordinanze contro la prostituzione, punendo gli automobilisti. Ebbene, Marenco che fa? Ne emette una che in soldoni recita così: è vietato fermarsi lungo la Statale 45 a guardare le lucciole, salvo poi spiegare che si tratta di «lucciola bianca», i coleotteri che tutti abbiamo imprigionato nel bicchiere da bambini. Ma già l’anno prima Federico aveva «sfidato» la Provincia replicando a un richiesto piano di «zonizzazione acustica» con un piano di «bombardamento acustico» che, a Montebruno, poteva solo far riferimento alle campane.
Quando poi dopo il sindaco di Milano Albertini, il panciuto sindaco di Brindisi si presentò in costume da bagno su uno scoglio con tanto di fascia tricolore, Marenco mise di mezzo la procura della Repubblica: è o non è questo vilipendio? Allora si mosse anche il presidente della Repubblica Scalfaro, passando la palla al ministro dell’interno Jervolino che inviò ai primi cittadini della Penisola una circolare sull’abuso della fascia tricolore.

E poi ancora il famoso «assessorato con delega alle Guerre puniche», perché voleva che si indagasse sulla battaglia del Trebbia che vide protagonisti Annibale e i suoi elefanti. «Parlò di me anche un giornale di Tunisi - dice orgoglioso, ma anche divertito -. Ma sono riuscito a leggere solo la data, Monterbuno e il mio nome, il resto era in arabo». Alla prossima volta.

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