Dall’Imu alle pensioni tutte le pifferate del premier «tecnico»

Monti scarica sul Cav la responsabilità dei provvedimenti adottati dal suo governo e rinnega la patrimoniale

Come suonatore di piffero anche Mario Monti non è male. Il Professore, nel corso delle numerosissime apparizioni televisive, ha annunciato che: a) ridurrà l’Imu; b) vedrà se eliminare il redditometro, che non gli piace; c) non introdurà la patrimoniale. Ha inoltre rassicurato Pier Luigi Bersani, affermando che, per quanto riguarda i conti pubblici, «non c’è polvere nascosta sotto il tappeto ». Infine ha definito sia l’Imu sia il redditometro come «bombe a orologeria » piazzate sulla sua strada dal governo precedente, quello guidato da Silvio Berlusconi. Una melodia stonata, quella del professore pifferaio, e vediamo perché.

Cominciamo con l’Imu.Dell’imposta sugli immobili ipotiz­zata da Giulio Tremonti nell’ambito del federalismo fiscale, resta oggi solo il nome. L’Imu originale escludeva la prima casa, l’Imu montiana comprende la prima abitazione. Non pago, il Prof ha aumentato a dismisura la base imponibile rivalutando per il 160% la rendita castastale delle case. Ha concesso ai Comuni largo margine di aumento (dal 4 per mille al 4,6 della prima casa e dal 7,6 per mille fino al 10,6 per mille per le seconde), e i Comuni non si sono fatti pregare, visto che la maggior parte dell’imposta è andata non a loro ma allo Stato. Per la prima volta nella storia repubblicana il gettito di un’imposta è stato superiore alle previsioni: oltre 24 miliardi nel 2012 contro una stima di 21 miliardi fatta dal governo. Ah, per inciso, nell’agenda Monti non si trova una parola sulla possibile riduzione dell’Imu: è stata un’aggiunta televisiva last minute , forse dettata dai sondaggi catastrofici.

 Arriviamo al redditometro. Altra «bomba a orologeria» lasciata da Berlusconi, dice Monti. Ma il decreto attuativo del redditometro, con l’elenco degli elementi di spesa indicativi della capacità contributiva e degli elementi «induttivi» (per cui il Fisco presume alcune spese sulla base di medie Istat), è stato varato il 24 dicembre 2012, vigilia di Natale, dal ministro dell’Economia Vittorio Grilli. Nulla vietava al professore bocconiano a al suo ministro di rendere più sensato il provvedimento attuativo. Forse, quando ha letto la valanga di critiche pubblicate da giornali certo non ostili come il Corriere della sera e ilSole24Ore , Monti ha cominciato ad avere qualche dubbio. E ha deciso di «scaricare» la responsabilità su chi c’era prima.

 Di certo, però, Berlusconi non può essere accusato di aver lasciato «bombe a orologeria » sulla patrimoniale. Ne ha sempre detto peste e corna. Ed allora che cosa fa il Monti? Va in tivù e annuncia: «Assolutamente non penso a un’imposta patrimoniale». Memoria corta, professore. Basta dare un’occhiata alla pagina 5  dell’« Agenda Monti», facilmente reperibile su internet e depositata come programma. Nel capitolo dedicato alla «riduzione e riequilibrio dei carichi fiscali» si legge: «Questa (si riferisce alla riduzione delle tasse su lavoro e impresa, ndr) va comunque perseguita anche trasferendo il carico corrispondente sui grandi patrimoni e sui consumi che impattano sui più deboli e sul ceto medio ». Dunque, patrimoniale e aumento dell’Iva.

 Un’occhiata soltanto alla vera «bomba a orologeria», quella che Monti si appresta a lasciare al nuovo governo. Monti assicura che «non c’è polvere sotto il tappeto» dei conti pubblici. Ma ilSole24Ore parla apertamente di un «rischio correzione da 7- 8 miliardi», da doversi attuare in primavera se la ripresa economica non si facesse vedere. Un’ipotesi quest’ultima assai realistica, visti i dati pessimi sulla produzione industriale.

 E se davvero fosse necessaria una manovra correttiva di simile portata, possiamo dire addio alle velleità di non au­mentare l’Iva in giugno. Vedremo quali saranno i risultati sui prezzi e sull’economia. Altro che pifferi.

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