Il ragazzo Charles Darwin fu uno studente svogliato e distratto. Non capiva il latino, detestava imparare le poesie a memoria: «...tanto dopo un giorno te le dimentichi lo stesso», replicava al padre, medico affermato.
L'unica cosa che gli piaceva veramente, era la natura: collezionava uova di uccelli e conchiglie, insetti e minerali, stava ore a osservare un buco in su una foglia, il battere le ali di una farfalla, il sorgere e il tramontare del sole. In quel XIX secolo che lo vide nascere, il 12 febbraio 1809, il mondo era ancora considerato eterno e immutabile, la terra un'entità giovane, le specie tra loro separate, gli esseri umani una razza a parte, dotata di facoltà eccezionali e uniche. Quando, ormai trentenne, Darwin cominciò a elaborare le sue idee rivoluzionarie per la selezione naturale della specie dopo numerosi viaggi come il famoso all'età di 25 anni, durato cinque anni con Capitan Fitzroy alla ricerca di testuggini alle Galapagos, personaggio a lui poco simpatico, fu talmente consapevole delle sue rivoluzionarietà da tenerle a lungo nascoste, quasi fosse una colpa e non una scoperta, ma la verità è che lo scienziato inglese voleva stupire in mondo intero quando nessuno avrebbe potuto obiettare tanto erano certo e inconfutabili i suoi dati di ricerca.
Nel bicentenario della nascita e a cinquant'anni dalle pubblicazioni sulle origini delle specie, «L'origine della specie» edito nel 1864 in Italia da Zanichelli - l'origianle inglese era del 1859 - e «L'origine dell'uomo» pubblicato da Utet nel 1871 (un'occasione che gli procura onoreficienze accompagnate da parole di stima dall'allora direttore del Museo Civico di Storia Naturale al «Galileo della scienza naturalistica»), approda per la seconda volta a Milano alla Rotonda della Besana, con un'imponente mostra dal titolo «Darwin 1809-2009», promossa dal settore Cultura del Comune di Milano, Codice e Civita, reduce dal Palazzo delle Esposizioni di Roma con 120 mila visitatori, la mostra scientifica più visitata del mondo.
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