Da Davis a Evans, una rivista sceglie il jazz migliore di sempre

La rivista americana Down Beat è considerata, non da oggi, la più importante del mondo nel settore del jazz (anzi del jazz, blues e dintorni, secondo quanto sta scritto nel suo sottotitolo). Fondata a Chicago come quindicinale nel lontano 1934, è diventata mensile nel 1980 e ha sempre ospitato le firme degli esperti internazionali più prestigiosi. Fra i nomi storici vanno citati almeno Ralph Gleason, l’inglese Leonard Feather e Ira Gitler, quest’ultimo tuttora in piena attività. Per un musicista emergente, un articolo di Down Beat che esprima un parere favorevole su un suo concerto o un disco equivale a un diploma di laurea. Ma anche i maestri più affermati leggono le pagine della rivista con soddisfazione o preoccupazione, a seconda dei casi, specie se si tratta dei loro dischi. Le quotazioni migliori per i vecchi 78 giri, i long playing e oggi i cd - le famose cinque stelle - sono molto ambite anche in relazione alle vendite.
Adesso la direzione di Down Beat ha preso un’iniziativa che sta diventando un avvenimento discografico eccezionale. Ha riesaminato gli album che hanno conseguito nel tempo le cinque stelle, ha scelto i più attraenti e ha lanciato una nuova collana intitolata Poll Winners (in italiano: i vincitori dei sondaggi), corredata ovviamente da cinque stelle e da una corona di alloro. Per ora i cd sono 18, tutti straordinari, e arrivano nei negozi italiani, distribuiti da Egea, per essere venduti separatamente al prezzo consigliato di 12 euro ciascuno. È una buona notizia per i giovani, in quanto Down Beat ha escluso raggruppamenti anche parziali nei soliti box.
Non è pensabile di citarli tutti per esteso in questa sede, ma si possono dare le indicazioni più importanti. Ci sono tre cd che appartengono al 1959, l’anno in cui, secondo una certa promozione, cambiò la storia del jazz: Kind of blue di Miles Davis, Mingus Ah Um di Charles Mingus e Giant steps di John Coltrane. Non mancano titoli preziosi di Duke Ellington, Gil Evans, Ella Fitzgerald, Billie Holiday, Gerry Mulligan (con Ben Webster), Oscar Peterson e Dave Brubeck. Alcuni cd propongono insieme la musica di due vecchi long playing che spesso non arrivavano a 40 minuti, mentre i cd ne possono contenere quasi il doppio.
Sembra giusto, a questo punto, concentrare l’attenzione sul «winner» Thelonious Monk, senza che questa scelta implichi una preferenza e un giudizio personale di valore. Il cd che lo riguarda si chiama Thelonious himself, utilizza il materiale di due long playing degli anni cinquanta e presenta il sommo pianista-compositore in una veste non frequente, cioè da solo - salvo un brano, Monk's mood, in cui suonano con lui John Coltrane e Wilbur Ware. È noto quanto Monk abbia stentato a convincere il pubblico medio per via di quel suo stile acre, essenziale, e dell'apparenza (ma soltanto apparenza) di una tecnica non eccelsa.

Qui Monk suona, fatto rarissimo, un brano standard noto in tutto il mondo, cioè Smoke gets in your eyes. Si ascolti e si riascolti come lo stravolge, lo frantuma e lo ribalta con lampi stupendi di genio e follia, e ne fa un capolavoro di musica d'arte. È impossibile che qualunque ascoltatore non ne rimanga conquistato.

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