«De Benedetti è incoerente» Repubblica contro l’editore

Un comunicato dei giornalisti attacca il presidente del Gruppo: «Si vanta di essere progressista, ma i nostri salari sono fermi da sette anni»

da Milano

A sorprendere di più è l’attacco diretto all’editore, inchiodato alle contraddizioni del capitano d’industria progressista ma solo con i dipendenti degli altri. Per quanto un precedente ci fosse stato già e anche di recente. Soltanto a fine dicembre, nel mezzo della lunga tornata di scioperi per il rinnovo del contratto, a cui il gruppo Espresso aveva deciso di rispondere decurtando le tredicesime dei giornalisti, la redazione di Repubblica spedì un comunicato durissimo indirizzato proprio a Carlo De Benedetti, presidente della società editrice, tanto duro da costringere il Gruppo a fare marcia indietro. In quelle righe il Cdr non esitava a descrivere l’editore come un «padrone delle ferriere» ottocentesco, che si «professa liberal», «pretende di avere come ragione sociale la difesa dei diritti delle persone e della dignità del lavoro» ma poi «disprezza la redazione» anche questa volta il Cdr di Repubblica non fa giri di parole e mira ancora allo stesso bersaglio.
Nel comunicato pubblicato ieri, nelle pagine economiche, il comitato di redazione torna sul nodo del contratto scaduto e sulla posizione ambigua del suo editore, «che a parole smentisce di essere uno dei “falchi” ma poi non fa nulla di concreto per sbloccare la situazione». I giornalisti di Repubblica lamentano una situazione di stallo negli stipendi che rende difficile «mantenere la leadership» nella corsa con i concorrenti diretti. «Un quarto dei colleghi che scrivono su Repubblica fa letteralmente fatica a arrivare alla fine del mese», si legge nel comunicato del Cdr. Un muro contro muro tra azienda e sindacato che non ci si aspetta nel più importante quotidiano della sinistra. Ed è qui che si spalanca la frattura tra la redazione e il «padrone delle ferriere» De Benedetti. Perchè tutte le ragioni addotte per rimandare la soluzione della vertenza con i dipendenti (crisi del settore, costi alti, precarizzazione del lavoro), cozzano fragorosamente con i piani ambiziosi dell’editore su altri fronti. «Nonostante quasi ogni giorno le testate del Gruppo raccontino quale impatto abbia avuto l’arrivo dell’euro sui prezzi e denuncino la perdita del potere di acquisto dei salari - scrivono i rappresentanti sindacali della testata -, il nostro editore trova il tempo e il denaro per tentare la conquista di Alitalia, dimenticando che i suoi dipendenti devono far quadrare il loro bilancio con gli stessi salari di sette anni fa. Bella coerenza. Un gran brutto segnale da parte di chi aspira a sottoscrivere la tessera numero 1 del partito Democratico».


Al punto che la redazione invita i lettori a prendere coscienza e «aprire gli occhi su una realtà, quella del Gruppo Espresso, che a parole promuove la concertazione, il dialogo, il rapporto costruttivo e negoziale con tutte le componenti del mondo del lavoro e che invece, al suo interno, mantiene retribuzioni, sistemi normativi e rapporti di lavoro del tutto incoerenti con questi “buoni propositi”».

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