Debiti, stipendi non pagati, fallimenti: l’altra faccia del fair play

Debiti, stipendi non pagati, fallimenti: l’altra faccia del fair play

Il nostro calcio semiprofessionistico ha cambiato denominazione, da Serie C1 e C2 è diventato Lega Pro 1ª divisione e 2ª divisione e nel contempo ha aggravato la situazione economica, società che falliscono, 28 delle 77 (il 36 per cento) che compongono l’organico divise in quattro gironi hanno complessivamente 73 punti di penalità per insolvenze tributarie e fiscali e stipendi arretrati.
L’ultimo caso è emblematico di questa situazione problematica: è fallita l’Unione Sportiva Triestina, e stessa sorte potrebbe toccare alla Spal, altra società che ha un bel passato. Ci sono poi diversi club che vivono alla giornata, persino il Siracusa che, nonostante 3 punti di penalità, è primo nella classifica del girone B (il presidente Luigi Savoldi domenica ha pre-annunciato che se non ci saranno interventi istituzionali dal 15 febbraio non sarà in grado di pagare gli stipendi a squadra e dipendenti).
Segnali di crisi anche per la serie B, sul Bari – che dopo la rinuncia della famiglia Matarrese è ancora alla ricerca di una soluzione – incombe la minaccia del commissariamento cui il sindaco Emiliano vuole ricorrere se entro due settimane non sarà chiarita la situazione economica con il pagamento di tutti gli arretrati.
Il caso della Triestina è precipitato in un paio dei settimane. Il 4 gennaio la Procura del tribunale aveva accertato un debito di 5 milioni 800 mila euro accumulato dalla gestione del presidente Sergio Aletti (ex Cesena e Ravenna) che ha rilevato la società da Luciano Fantinel. Ieri il tribunale ha nominato curatore fallimentare Giovanni Turaccia, commercialista di Monfalcone, che dovrà gestire il prosieguo dell’attività. Fantinel ha dichiarato al giudice di aver lasciato un passivo di 2 milioni 800 mila euro ma una liquidità bancaria di 3 milioni. Ha precisato di non aver ricevuto finora nemmeno un euro dal nuovo proprietario che ha accumulato il pesante passivo benché da settembre giocatori e dipendenti attendano di essere pagati e non ci sia nemmeno la disponibilità per acquistare la benzina per i furgoni che trasportano il materiale per gli allenamenti della squadra. L’unico segno tangibile lasciato da Aletti, oltre al passivo, è l’eliminazione del pubblico virtuale, le gigantografie di spettatori con le quali Fantinel aveva riempito una tribuna per sollecitare iniziative locali a sostegno della società. Il calcio triestino vive di ricordi troppo lontani, 26 campionati di serie A con il lusinghiero secondo posto nel 1947/48 con il debutto di Nereo Rocco in panchina, e 22 di B sino alla recente retrocessione in Lega Pro.
È il secondo fallimento dell’«Unione», come la chiamano i triestini, il precedente è datato 1994 e si ricominciò dal basso, dai Dilettanti sino a sfiorare nove anni fa il ritorno in A da cui manca dal 1958-’59.

Stavolta sembra più difficile salvare società e titolo sportivo, per non dover ripartire nuovamente da zero. D’estate c’era stato il tentativo di una cordata di imprenditori di subentrare a Fantinel ma furono raccolti appena 600 mila euro e ne occorrevano due milioni in più.

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