Delitto di via Poma, il fidanzato a processo

REAZIONE L’imputato oggi è sposato e ha due figli. La moglie lo difende: «Vogliono un colpevole a tutti costi. Mio marito è un uomo distrutto»

Delitto di via Poma, il fidanzato a processo

RomaDiciannove anni senza un colpevole. La morte di Simonetta Cesaroni, la giovane impiegata massacrata con 30 coltellate il 7 agosto 1990 negli uffici dell’Associazione degli ostelli della gioventù, in via Poma, a Roma, reclama giustizia. L’unica certezza, per ora, è che ci sarà un processo.
Ieri il gup Maddalena Cipriani ha deciso di rinviare a giudizio Raniero Busco, 44 anni, l’ex fidanzato della vittima. L’udienza è stata fissata per il 3 febbraio del prossimo anno, quando il giovane comparirà davanti alla III Corte d’assise di Roma per rispondere di omicidio volontario. L’ex di Simonetta Cesaroni è finito al centro dell’inchiesta 17 anni dopo il delitto. Sono state le nuove tecnologie, all’epoca non disponibili, a far puntare su di lui i riflettori della giustizia, quando sembrava ormai che il giallo dovesse restare senza soluzione. Grazie agli accertamenti del Ris è stata scoperta, infatti, una traccia di saliva di Busco sul corpetto che la ragazza indossava quando fu uccisa. Un elemento importante, ma non decisivo, perché non collocabile temporalmente sulla scena del delitto: i due fidanzati si erano visti il giorno prima, come raccontato a suo tempo dall’indagato. Anche l’alibi di Busco ha sollevato perplessità. L’uomo, infatti, ha sempre sostenuto che al momento del delitto era con un amico, ma questi negò.
In venti anni nel mirino degli inquirenti erano finiti diversi personaggi, da Pietrino Vanacore, il portiere del palazzo di via Poma, a Federico Valle, nipote di un vecchio architetto che abitava in quello stesso edificio. Ma entrambi furono prosciolti definitivamente dalla Cassazione nel 1995, il primo dall’accusa di favoreggiamento, il secondo da quella di omicidio.
Contro Busco gli elementi sembrano più determinanti. C’è infatti anche una consulenza affidata dal pm a due dentisti e due medici legali, che ha stabilito una compatibilità tra l’arcata dentaria dell’indagato e l’impronta del morso trovata sul seno sinistro del cadavere. Secondo gli esperti ci sarebbe una particolarità che si ripresenta. Così ieri al termine della camera di consiglio il Gup non ha avuto dubbi. «Raniero Busco è stato incastrato - ha commentato il suo legale, Paolo Loria -. C’è in noi estrema delusione. Il pm ha fornito solo mezze prove; noi faremo emergere le contraddizioni di cui è piena questa vicenda. Dimostreremo che non ci sono prove a carico di Busco, ma solo una traccia che potrebbe essere stata frutto di contaminazione tra reperti».
Il legale della famiglia Cesaroni, l’avvocato Lucio Molinaro, si è detto soddisfatto precisando come risulti anche dai diari della ragazza «che il suo rapporto con Raniero andava avanti tra liti e riappacificazioni, e che quel giorno la morte è arrivata in modo inaspettato e imprevedibile dopo un ennesimo tentativo di chiarimento finito male». È rimasto, invece, senza parole Raniero Busco. «Mio marito ha appreso la notizia dall’avvocato - ha detto la moglie, Roberta Milletari -. È un uomo distrutto, distrutto e basta. Questa storia è per noi come una persecuzione, un incubo. Quello che vogliono è un colpevole a tutti i costi».

Dura, invece, la reazione di Anna Di Giambattista, madre di Simonetta: «Non perdonerò gli inquirenti che mi hanno fatto passare 19 anni di sofferenza in più, potevano fare ciò che hanno fatto, soprattutto gli esami sul morso, già 19 anni fa».

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