Delusione da peones: "Siamo solo spettatori"

Speranze e timori di Pietro, delegato eletto in Spagna grazie ai voti degli emigrati sardi. Se tra un anno ci ritroviamo con le correnti, me ne vado. Alle mie figlie ho spiegato cos’è il Pd. Non hanno capito

da Milano

Per vedere la kermesse luminescente del Pd con gli occhi semplici del delegato qualunque, uno dei duemilaottocentocinquantatré costituenti senza alcun potere reale, bisogna mangiare un panino e bere una birra con Pietro Mariani. Ex produttore televisivo, ora consulente finanziario, cinquant’anni, da venti in Spagna, è uno dei 69 eletti all’estero. Circoscrizione Europa, nono posto nella lista «Democratici nel mondo per Veltroni». In Spagna hanno votato in cento tra Malaga, Barcellona e Madrid, dove il seggio era allestito nella sede del circolo sardo di cui è Pietro è vicepresidente. Un bel serbatoio di voti, a cui ha aggiunto i contatti del suo sito italiacerca.info, nato per assistere gli italiani («3mila ogni mese», dice) che vanno a vivere in Spagna.
La sua giornata da costituente: sveglia alle 4, in auto 80 chilometri da Toledo all’aeroporto di Madrid, volo low cost per Malpensa, trenino per la stazione Cadorna, metropolitana fino alla fiera. In serata percorso inverso e arrivo a casa all’una di notte. Sbattimento mica da ridere, per di più solo per ascoltare gli interventi dei leader e alzare il tesserino per ratificare la lista dei «commissari» calata dall’alto. «Votiamo, ma non sappiamo come e cosa... questa è una kermesse televisiva, noi siamo solo spettatori. Il discorso di Veltroni mi è piaciuto, non c’erano residui ideologici. Ma ora dico: se tra un anno ci ritroviamo ancora con le correnti, il dibattito provinciale sulla collocazione europea del Pd, io saluto e me ne vado».
Da tre anni Pietro fa politica in Spagna. Prima con un circolo della Margherita, quindi con un’associazione dell’Unione, ora nel Pd. Ma di questioni italiane, nel senso deteriore del termine, si occupa poco. «Non leggo i giornali italiani, non guardo la Rai, non seguo il bla bla dei politici. Però so quello che scrivono i giornali stranieri dell’Italia e non mi piace. E so quanto è difficile convincere i nostri connazionali all’estero a interessarsi di politica. Come glieli spieghi tutti questi giochetti?».
Ma se avesse avuto diritto di parola in questa assemblea, che cosa avrebbe detto? «Poche parole: smettetela di discutere, dimostrate che volete cambiare. E da Zapatero, anziché mitizzarlo visto che in Spagna è considerato un primo ministro nemmeno dei migliori, imparate due cose. Primo: quello che dice lui lo fa, e poi se ne assume la responsabilità. Secondo: i socialisti spagnoli hanno rispetto per la base. E la consultano davvero sulle cose importanti. Qui invece si fa l’apoteosi delle primarie, poi le decisioni vere le prendono in pochi».
I delegati arrivati dall’estero si riconoscono. Se ne stanno in disparte, esclusi dai conciliaboli dei clan locali. Pietro pensa solo alla prima assemblea del Pd a Madrid, convocata per «raccontare questa mia giornata».

«L’altra sera le mie due figlie mi hanno chiesto cosa andassi a fare in Italia. E io: “Papà è stato eletto al congresso di un nuovo partito. È una cosa importante. Per il futuro, per l’Italia”». E loro? «Non hanno capito».
giuseppe.salvaggiulo@ilgiornale.it

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