Democrazia capovolta contro il Cav

Ormai siamo al paradosso della de­mocrazia capovolta. Il potere legislativo, cioè il Parlamento, non ha più l'autono­mia di varare le leggi che meglio crede perché il capo dello Stato interferisce sui lavori di Camera e Senato

Ormai siamo al paradosso della de­mocrazia capovolta. Il potere legislativo, cioè il Parlamento, non ha più l'autono­mia di varare le leggi che meglio crede perché il capo dello Stato interferisce sui lavori di Camera e Senato. Così come la Rai, tv pubblica, contrariamente a quan­­to ha sostenuto l'altra sera Santoro, è con­t­rollata all'ottanta per cento dall’opposi­zione. Siamo sì alla dittatura, ma è quella antiberlusconiana, una zona grigia nella quale operano alleati e con perfetto sin­cronismo opposizioni, pezzi della mag­gioranza (Fini), giornali, tele presentatori, Quiri­nale e ovviamente magistra­ti.

Così accade che come si apre una schiarita (intesa sul Lodo Alfano) per il governo, ecco che subito arriva la saet­ta a innescare una nuova tem­pesta. Ieri ci ha pensato Gior­gio Napolitano con una lette­ra di poche righe inviate ai presidenti dei due rami del Parlamento. Attenti, dice in sostanza l'inquilino del Col­le, che la legge che state facen­do per mettere le alte cariche dello Stato al riparo dalle scor­ribande di Pm politicizzati non mi piace per niente. Me­glio che vi fermiate. La moti­vazione tecnica dell’altolà è complessa, noiosa e riguarda la parte della legge che tutela il Presidente della Repubbli­ca. Ma le conseguenze sono chiare. L'obiettivo politico è che Silvio Berlusconi deve ri­m­anere l'unico leader al mon­do a non avere il ben che mini­mo scudo giudiziario. Ora, siccome il Parlamento ormai ha rinunciato da tem­po alla dignità e all'indipen­denza che dovrebbe avere il potere legislativo, subito (Fi­ni in testa) è partita la genu­flessione verso il Colle. Certo presidente, hai ragione, ese­guiamo senza battere ciglio le tue volontà. Morale: il na­scente Lodo Alfano bis è mor­to senza che si sia combattu­t­o neppure un secondo di bat­taglia. Come dire: scusaci Na­politano, siamo una manica di dilettanti allo sbaraglio. Ogni tanto viene da chie­dersi perché diavolo si sia an­dati a votare per eleggere un governo e un Parlamento se poi entrambi non hanno la possibilità di decidere ciò che hanno promesso agli elet­tori. Il paradosso è che a stabi­lire che le leggi devono uscire dalle Camere a maggioranza di centrodestra è l'ex capo dell'opposizione, il comuni­sta Giorgio Napolitano, elet­to al Colle con i voti della sola sinistra.

Così come a decide­re che verità (cioè che balle) devono ascoltare i cittadini dalla tv pubblica è un magi­strato, quello che ha imposto con sentenza la presenza in video di Michele Santoro. Noi, cioè la maggioranza del Paese, non contiamo nulla. E quando proviamo a ribellar­ci a questa dittatura delle mi­noranze ce ne capitano di tut­ti i colori, compresi quelli non gradevoli del bavaglio e dell'intimidazione giudizia­ria. Noi del Giornale , come i colleghi di Panorama , siamo sotto attacco di magistrati spregiudicati e ossessionati, una giustizia a tesi oltre che a orologeria.

E non abbiamo sentito una parola di confor­t­o da parte del presidente Na­politano, sempre attento a ga­rant­ire a parole le libertà di in­formazione ed espressione previste dalla Costituzione, della quale è supremo custo­de. Non mi stupirei di veder­l­o un giovedì o l'altro ad Anno­zero, regno delle libertà, sì, ma di parte.

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