Devastazioni e assalti alle caserme Chiesti rinvii a giudizio per 20 ultrà

Diversi gli episodi di violenza contestati ai tifosi, cade l’aggravante della finalità di terrorismo

Devastazioni e assalti alle caserme  Chiesti rinvii a giudizio per 20 ultrà

Gabriele Sandri era stato ucciso da poche ore, in un autogrill nei pressi di Arezzo, quando i tifosi assaltarono a Roma quattro caserme e devastarono a colpi di spranghe la sede del Coni. Era l’11 novembre dello scorso anno. Furono soltanto alcuni degli episodi di violenza riconducibili ad un gruppo criminale formato da soggetti di estrema destra e ultrà per i quali ora la magistratura ha presentato il conto ai presunti colpevoli, venti persone fortemente radicate negli ambienti più duri delle curve di Roma e Lazio e mosse, a detta della Procura, da odio politico e disprezzo delle forze dell’ordine. Il pm Pietro Saviotti ha chiesto il loro rinvio a giudizio e l’udienza preliminare è stata fissata per il prossimo 20 ottobre. Una sfilza i reati contestati, a seconda delle posizioni: associazione per delinquere, devastazione, lesioni, saccheggio, invasioni di terreni o edifici, tentato incendio, violenza o minaccia a pubblico ufficiale, rapina, violazione della legge sulle armi. Caduta, invece, l’aggravante di terrorismo che il magistrato aveva inizialmente pensato di contestare agli indagati, quattordici dei quali sono ancora detenuti (alcuni ai domiciliari).
Lo scorso 11 novembre la rabbia dei tifosi (c’erano Alessandro P., Fabrizio F., Matteo N., Alessio A., Francesco C., Gianluca C., Pierluigi M., Andrea A. Roberto S., Fabio P., Fabrizio F., Francesco M., Furio N., Emanuele C., insieme ad altri non identificati) si scagliò contro la caserma della polizia di Stato Maurizio Giglio, in via Guido Reni, quella dell’ex commissariato Porta del Popolo, della Bulgarella, sede del reparto carabinieri Segredifesa, e contro la stazione dei carabinieri di Ponte Milvio. La stessa sera danneggiarono pesantemente le porte di accesso del Coni, al Foro Italico, e gli arredi interni dell’ufficio. La Procura parla di «aggressioni simultanee e mirate a strutture e a personale delle forze dell’ordine». A questi stessi imputati (escluso Fabio P. e con in più Marco T. e Matteo C.) è contestata anche l’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di episodi di violenza per i quali reclutavano partecipanti a spedizioni punitive nei confronti di esponenti della sinistra antagonista romana o di tifoserie calcistiche. Avrebbero istigato anche alla contrapposizione violenta per motivi politici, di odio nazionale, di tifo calcistico, di disprezzo della polizia. Nella loro disponibilità armi improprie, coltelli, petardi da stadio, strumenti di travisamento. Quattro imputati (Fabrizio F., Francesco C., Fabio P. e Fabrizio F.) sono anche accusati di aver aggredito a Villa Ada, il 29 giugno 2007, alcuni spettatori del concerto della Banda Bassotti. Per un futile motivo, secondo il magistrato: volevano manifestare il loro dissenso «nei confronti della partecipazione ad uno spettacolo musicale cui prendevano parte giovani asseritamente di sinistra». Tra gli episodi contestati anche l’occupazione di un immobile Atac in viale Etiopia, il tentato incendio in una baracca del campo nomadi di via Walter Procaccino «per finalità di xenofobia nei confronti dei cittadini romeni» e l’incursione nel locale Sally Brown, in via degli Etruschi, nel corso del quale vennero prelevati numerosi compact disc, cimeli calcistici e altri oggetti. Pierluigi M. dovrà difendersi anche dall’accusa di aver aggredito e minacciato (“ammazziamole tutte queste guardie infami”) due vigili urbani, constringendoli a non svolgere l’attività di controllo e prevenzione dell’ordine pubblico in prossimità dell’incontro Lazio-Partizan Belgrado. Un’unica donna nel gruppo di tifosi che rischiano il processo, Michela U.

, che avrebbe portato fuori dalla sua abitazione e senza motivo otto coltelli da cucina.
Martin Avaro, dirigente nazionale di Forza Nuova, difende gli indagati: «Sono tutte persone per bene, contro di loro non c’è nulla e presto verrà fuori la verità».

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