I punti chiave
Che troppo sale facesse male con diretti effetti sul cuore e sulla pressione sanguigna (per citare soltanto alcuni esempi) è una cosa ormai nota da anni ma è invece molto recente la scoperta delle implicazioni dirette sui danni cerebrali in grado, nei casi più gravi, di scatenare importanti deficit cognitivi fino ad arrivare al morbo di Alzheimer.
Cosa dice lo studio
Tra gli studiosi compare anche Costantino Iadecola che ha guidato il team italiano, professore di Neuroscienze, ricerca sul cervello e sulla mente al Weill Cornell Medical College di New York. La ricerca, pubblicata su Nature Neuroscience, metterebbe in relazione alcuni meccanismi ipertensivi legandoli all'eccessivo consumo di sale che va "limitato al massimo perché il sodio è all'origine di meccanismi di natura immunitaria che portano a danni cerebrali e allo sviluppo di deficit cognitivi, Alzheimer e demenze", spiega l'esperto a Repubblica.
Indiziata principale per il meccanismo sarebbe l'Interleuchina 17 (Il-17): oltre un miliardo di persone nel mondo è affetta da ipertensione e circa il 50% di loro è sensibile al sale e a un aumento della pressione quando avviene il consumo. Sebbene la relazione con la demenza non sia ancora chiarita del tutto, esami strumentali hanno rilevato tracce di Il-17 sulla membrana durale che circonda il cervello. Gli studiosi hanno poi visto che si innesca anche un altro meccanismo immunitario che va ancora decifrato.
Le ricerche precedenti
Quanto scoperto ultimamente va a cementificare le evidenze con altri due studi del 2018 e 2019 dove era stato già stato visto che un eccessivo apporto di sodio compromette "le capacità cognitive attraverso un meccanismo di natura immunitaria che origina nell'intestino e che porta sia a un accumulo della proteina neurotossica tau fosforilata, come nelle demenze, sia a una riduzione non marginale dell'irrorazione cerebrale in aree cruciali per la cognizione". Il nuovo studio ha aggiunto un altro tassello con un effetto diretto, ancora più importante, proprio nel cervello. Iadecola e il suo team hanno spiegato che quando c'è ipertensione si assiste ad un aumento dell'Il-17 nel cervello e nel fluido cerebrospinale "che attiva il sistema immunitario, e che pensavamo arrivasse al cervello dallo stomaco navigando nel flusso ematico" mentre, in realtà, Il-17 è già dentro al cervello.
Quali terapie
Adesso bisogna trovare le soluzioni per bloccare questo meccanismo. "Si è discusso se la gestione della pressione sanguigna con farmaci ipertensivi sia sufficiente per prevenire il declino cognitivo", ha affermato la prima autrice dello studio, la dottoressa Monica Santisteban, attualmente assistente professore di medicina presso il Vanderbilt University Medical Center. Per bloccare al meglio i linfociti nelle meningi si pensa a somministrare alcuni anticorpi ad hoc per bloccare questo processo: Iadecola sottolinea che il danno sia "immunitario e non vascolare". L'Oms predica già da anni che l'uso del sale sia limitato e non superiore ai cinque grammi quotidiani che corrispondono, nel complesso, a due grammi di sodio ma gli italiani ne consumano mediamente il doppio con gli uomini vicini ai dieci grammi al giorno e le donne a circa 7,2 g.
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