La disoccupazione in Italia non esiste

La disoccupazione in Italia in giugno è calata di 0,1 punti, portandosi allo 8,5% su maggio, contrariamente alle previsioni che la davano in crescita. Ma essa potrebbe essere minore, se domanda e offerta di lavoro si incrociassero meglio. Infatti, secondo il (...)
(...) sistema informativo Excelsior di Unioncamere e del ministero del Lavoro, le imprese pensano di procedere, quest’anno a nuove assunzioni, per 147mila unità, ma per il 27% dei posti che vorrebbero coprire, più di un quarto, trovano difficoltà a reperire il tipo di personale richiesto. Lo scarto sale al 35% per gli operai specializzati e per i laureati di professioni intellettuali e scientifiche. Ma non c’è carenza di personale adeguato solo per le industrie, ne manca anche nel settore dei servizi: mancano 6mila baristi, 5.700 ausiliari socio-assistenziali (ovvero badanti bambinaie, assistenti sociali con adeguata professionalità), 4.700 ausiliari di vendite nel commercio, 5.400 infermiere e 4mila meccanici per la riparazione di auto.
La lista delle professionalità che mancano, come i montatori e riparatori di infissi e serramenti, ma anche gli operai tessili (che le imprese del Veneto cercano e trovano a fatica) è lunga e disparata. Dunque, potremmo avere una minore disoccupazione e una maggiore crescita, se il mercato del lavoro fosse meglio organizzato e se i giovani e i loro genitori valutassero con maggiore attenzione le professionalità tradizionali. Comunque, questa disarmonia tra domanda di lavoratori dotati delle giuste professionalità è indice di ripresa economica. Ed è anche indice di ripresa l’inflazione, che nel luglio ha fatto un balzo in avanti dello 0,4 % portandosi all’1,7% .
La ripresa è in atto nel complesso dell’Eurozona, sospinta dal commercio estero che, sinora, è stato favorito dal deprezzamento dell’euro sul dollaro. L’Italia, assieme alla Germania, è tra gli Stati dell’Unione dell’area euro, con un andamento economico e un export migliori della media. La disoccupazione europea, infatti, è attorno al 10 per cento, un punto e mezzo sopra la nostra, e il ribasso dell’euro, che nel periodo della crisi debitoria greca e spagnola era giunto al livello di 1,8 con il dollaro, mentre sospingeva l’export, determinava un rincaro delle materie prime energetiche.
Ora l’euro è risalito a 1,31 con il dollaro. Ciò dipende sia dall’aumento della fiducia nell’economia della Eurozona e sia dalla diminuita fiducia nella ripresa americana, che valutata al 3,7% su base annua nel primo trimestre, è scesa al 2,2% nel secondo, un dato comunque notevole. Nel frattempo i prezzi delle risorse energetiche importate sono aumentati e ciò si è ripercosso sul costo della vita, facendo salire il prezzo dei trasporti, aumentato dell’1,2 e quello delle abitazioni (che include anche le risorse energetiche) che è cresciuto dello 0,8%. I prezzi degli alimentari hanno subito una flessione dello 0,1%. mentre quelli dell’abbigliamento sono stazionari.
Ma ci sono altre voci di spesa, oltre a quelle collegate al settore energetico, che presentano aumenti di prezzi e cioè gli alberghi e ristoranti con un +0,5% e i servizi ricreativi con un +0,4%. Si potrebbe osservare che è un fenomeno stagionale, connesso all’estate. Ma quando l’economia è depressa e la gente ha paura del futuro, alberghi e ristoranti sono in flessione perché si tratta di voci di spesa corrente discrezionali, che si riescono a tagliare abbastanza facilmente. Pertanto, durante la depressione, alberghi, ristoranti e locali di svago praticano sconti per attirare la clientela. Il fatto che i prezzi in questi comparti, siano aumentati mostra che la domanda turistica di italiani e stranieri è migliorata.

E non solo quella dell’Europa Occidentale, anche quella dei Paesi emergenti dell’Est europeo e quella russa, mentre affluiscono i visitatori asiatici. La recessione è superata. Non siamo ancora tornati ai livelli del 2007, ma al pessimismo è succeduto l’ottimismo. Purtroppo non c’è rosa senza spine e le spine, in questo caso, sono gli aumenti di prezzo.

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