Da Dottore a signor rossi L’anno nero di Valentino

A Valencia Vale cade e si frattura la mano destra. Dall’evasione fiscale alle gomme, una stagione no

«Fratturine». Il diminutivo è d’obbligo. Perché il primo ad essere consapevole dello scomodo ruolo in cui si sta cacciando è proprio lui: Valentino Rossi. I medici dicono: frattura scomposta del metacarpo della falange, frattura del piramidale e dello stiloide. Lui ribadisce: «Fratturine». Meglio ridimensionare le conseguenze del disastroso volo di ieri a Valencia, meglio stringere i denti e far finta di niente anche se fa un male boia. Tutto pur di non alimentare il ferale, inedito, per certi versi rivoluzionario concetto: quello di un Valentino non più Rossi, ma banalmente e con la minuscola signor rossi.
Per la verità, trattasi quasi di una contraddizione in termini per un ragazzo abituato da sempre a osservare la sfiga da spettatore, ma i fatti sono fatti: e quando ti bussano alla porta quelli dell’Agenzia delle Entrate, quando ti porgono raccomandata per 60 milioni di euro da saldare, lo spettatore sale sul palco della iella e comincia a ballare. Soprattutto, fa pure di conto: non per il fisco ma pensando al recente passato, a certe cose strane che capitano e non capitavano, tipo le gomme che andavano e non vanno, a quelle dei rivali che scoppiavano e ora volano, al motore che spingeva e invece si rompe.
Valentino da Gastone a Paperino? Macché, giustamente s’incacchierebbe. Perché il cugino fortunato gli sta cordialmente sulle scatole, e poi è antipatico, fastidioso, mica sono così, è il suo concetto. Bocciato anche Paperino, molto meglio Wile Coyote, quello del beep beep. Per cui, accontentiamoci, più semplicemente, di essere testimoni di un temporaneo processo di umanizzazione.
La metamoforsi è iniziata proprio a Valencia, dodici mesi fa, mondiale della grande rimonta da vincere, mondiale numero otto. Valentino ci arriva in vantaggio, gli basterebbe controllare, basterebbe seguire quel simpatico brocchetto di Nicky Hayden per laurearsi campione del mondo. Le magliette per la grande festa sono pronte, gli amici storici studiano da ore la parata e, invece, pronti, via e il curvone e lo scivolone ed ecco il primo, vero, grande scossone all’immagine del pilota che non gliene va storta una. «È andata così, capita. L’anno prossimo mi rifarò».
L’anno prossimo è storia di ieri, di oggi, è storia di quel giorno di fine inverno quando lui disse «ho imparato dagli errori passati, perdere il mondiale mi ha fatto crescere». Dichiarava il vero, Valentino: perché se nel frattempo non fosse cresciuto, difficilmente avrebbe retto con stile l’inaspettata invadenza del signor rossi con la minuscola. Prima quel folletto brufoloso e talentuoso di Casey Stoner che non cadeva più; poi lo strapotere della Ducati; quindi il titolo alla Rossa che tanto lo aveva corteggiato in passato. Quasi una beffa. Nel mezzo, la vicenda dell’evasione fiscale. Vicenda sacrosanta, ci mancherebbe, ma che ha messo in evidenza, ancora una volta, la specialità tutta italica di affossare il campione in difficoltà. «Prima ti mitizzano, dopo ti stroncano» ha detto lui l’altro giorno, alla vigilia del botto valenciano; «perché gli invidiosi, se possono, ti fanno del male» ha aggiunto. Quindi ha ammesso che non lo doveva fare di andare in video per quel monologo preregistrato, «oggi non lo rifarei» ha detto.


Poi, ieri, quando la seconda e consecutiva sconfitta mondiale (nonostante quattro vittorie stagionali) sembrava ormai assimilata, quando persino pareva convivere meglio con il macigno della vicenda fiscale, ecco di nuovo Valencia, dodici mesi dopo. Ciao Valentino, dove eravamo rimasti? Curva, accelerazione, moto imbizzarrita e fratture. «Fratturine» insiste Rossi, «però non so se corro» precisa il signor rossi.
(ha collaborato Nanni Scaglia)

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